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venerdì 1 marzo 2013

Il sacco d’Italia

Pubblicato il: 27 novembre, 2011
Italia | Di Fabio Falchi

Il sacco d’Italia

Il sacco d'ItaliaBen prima che scoppiasse la rivolta dei “cirenaici” contro la Giamahiria, lo avevamo scritto, come chiunque può constatare leggendo i nostri articoli nel sito del Cpeurasia, che per l’Italia sarebbero arrivati tempi assai difficili. Necessario, di conseguenza, sarebbe stato avere il coraggio di far cambiare rotta al Paese, consapevoli che “investire in un settore decisivo come quello dei gasdotti, del petrolio, dell’energia etc., significa gettare le basi per una geopolitica orientata verso Est e verso Sud, ‘oggettivamente’ contrastante con la visione geopolitica della talassocrazia americana” (www.conflittiestrategie.it).
 Coraggio e consapevolezza purtroppo assenti, come già mesi fa si poteva intuire, dacché si osservava che “ci si è dimenticati, ignorando ancora una volta le lezioni della storia, che in politica estera la ‘furbizia’ ha ‘le gambe corte’ e valgono assai di più non solo la prudenza, la giusta valutazione dei rapporti di forza e la necessaria riservatezza, ma anche la coerenza e la determinazione, soprattutto quando vi è un’opinione pubblica che comprenda e sostenga l’azione di un Governo; mentre sembra che in Italia neanche i ‘generali’ sappiano contro chi si combatte e perché si combatte, e che si cerchi non tanto di ‘ingannare i nemici’ quanto piuttosto sé stessi” (Ibidem).
Evidente allora, sia ai redattori del Cpeurasia che agli “amici” del Blog Conflitti e Strategie, che la rivolta contro la Libia di Gheddafi non solo non poteva non essere, nella sostanza, pilotata dalle “Forze occidentali”, ma che per l’Italia sarebbe stata una prova che con ogni probabilità non sarebbe riuscita a superare. Troppo inetto il Governo, troppo distratto dai suoi “affari personali” (chiamamoli così…) il Presidente del Consiglio e troppo determinata l’azione delle “quinte colonne”, nonché quella del massimo garante della “vocazione atlantista” dell’Italia, perché venisse presa l’unica “decisione giusta” possibile, considerando sia il Trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia, sottoscritto da Berlusconi e Gheddafi il 30 agosto del 2008, e ratificato dall’Italia il 6 febbraio del 2009, sia il nostro interesse nazionale, sia, last but not least, l’esigenza di contrastare una ulteriore “guerra umanitaria” contro un Paese sovrano. Guerra ancora in corso, per la tenace e perfino sorprendente resistenza dei “lealisti” contro la più potente macchina bellica del mondo, e guerra che, com’è noto, ha visto i media mainstream mentire e mistificare perfino più di quanto avessero già fatto per giustificare l’invasione dell’Irak. Peraltro, se le pressioni sul nostro Paese perché non negasse alla Nato l’uso delle proprie basi contro la Libia erano fortissime, il Governo si è anche rivelato troppo incapace e debole per cercare una mediazione, una soluzione diplomatica, nonostante l’opportunità offertaci dalla posizione assunta dal più grande Paese europeo, anch’esso membro della Nato, ossia dalla Germania. Così, mentre la Nato inceneriva undici imam che cercavano di negoziare una “pax musulmana” (rassegna.governo.it), se ne andava in fumo pure la possibilità per l’Italia di non uscire con le ossa rotte da questa ignominiosa operazione neocolonialista, basata anch’essa sul vecchio ma non antiquato “divide et impera”.
Pertanto non ci si deve meravigliare se ci costerà molto cara non solo la miopia strategica del Governo e dell’opposizione, ma anche la pessima, e non immeritata , fama di “voltagabbana”, che pensano di rimediare “un buon posto a tavola” saltando sul carro dei vincitori o stando comunque dalla parte del più forte; e non ci sarebbe nemmeno da stupirsi se i cosiddetti “mercati” fossero stati incoraggiati a voltarci le spalle, anche da quella viltà e debolezza che hanno condotto il Presidente del Consiglio, che pur aveva lasciato intendere che era contrario all’intervento militare in Libia, ad inginocchiarsi davanti allo “gnomo di Parigi”. Una umiliazione inflitta non al nostro Governo, ma al nostro Paese, come ben ha evidenziato un analista militare, serio ed obiettivo, come Gianandrea Gaiani, secondo cui è “difficile continuare a definire partner o alleati Paesi europei che non perdono occasione per denigrare l’Italia [...] Nella crisi libica fin dall’inizio della guerra è apparsa evidente la volontà di Francia e Gran Bretagna di assumere la leadership esclusiva del conflitto col chiaro obiettivo di scavalcare l’Italia e mettere le mani sul mercato libico” (blog.panorama.it). Si è giunti perfino al punto di non menzionare nemmeno l’Italia in una analisi strategica sulla “campagna di Libia”, pubblicata il 1° settembre da Le Monde, tanto che l’ambasciatore italiano a Parigi ha ritenuto opportuno scrivere una lettera al celebre quotidiano francese, per rammaricarsi del fatto che l’Italia “sia stata semplicemente cancellata dalla carta geopolitica contemporanea”; mentre , come nota Gaiani, si dovrebbe riconoscere il ruolo di primo piano svolto dall’Italia nelle operazioni militari contro la Giamahiria. Tuttavia, anche a Gaiani, che pure si chiede giustamente se non sia venuto il tempo “dopo tante parole al vento sull’integrazione militare europea e sul ruolo internazionale della Ue [...] di svegliarsi e di accettare il fatto che quelli che definiamo partner e alleati sono soprattutto nostri concorrenti, spesso privi di scrupoli, sui mercati internazionali”, sembra sfuggire che le oltre 500 bombe e missili lanciate dai nostri piloti sulla Libia, sono state lanciate anche contro l’Italia. Certo, soltanto metaforicamente, ma è indubbio che gli effetti siano reali e disastrosi anche per il nostro Paese..
In ogni caso, è ormai chiaro a tutti – a patto che non si sia in malafede o “vittime” della manipolazione dei media mainstream – che in Libia Gheddafi poteva contare su un autentico consenso, che la credibilità dell’Onu dopo la grottesca ed assurda imposizione della “no fly zone” è pari a zero e che quando la nebbia di guerra comincerà a diradarsi appariranno le malefatte delle “Forze occidentali”.E tempo ci sarà per comprendere se siamo o no in presenza di una “deriva atlantista e filo-occidentale” di certo islamismo radicale e per capire come si può evolvere la complessa e multiforme “galassia musulmana”. E’ sicuro invece che è troppo tardi per fermare la mano degli assassini “occidentali”; e che quella che era solo una nostra previsione – vale a dire che “uscito di scena il ‘Nanopagliaccio’, che tanto fa ridere gli gnomi della ‘City’, dovrà esibirsi il popolo italiano. E dovrà pure pagare il biglietto” (http://www.cpeurasia.eu/1300/vae-victis) – si è mutata in un’ amara constatazione, anche se il “Nanopagliaccio” non è ancora uscito di scena. Eppure, gli italiani, finita la Seconda guerra mondiale, seppero rimboccarsi le maniche e fare “miracoli”. E sarebbero probabilmente in grado di farli ancora, se a guidare l’Italia ci fossero uomini come Enrico Mattei, anziché i “pagliacci”, di destra o di sinistra che siano, ma degni rappresentanti di un Paese che sembra non saper fare altro che interpretare la parte del servo sciocco, convinto invece di essere il più furbo.

Fonte:http://www.statopotenza.eu/371/il-sacco-ditalia

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