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mercoledì 15 maggio 2013

La disastrosa situazione libica

‘La liberazione’ della Libia è stata in realtà un’invasione condotta da forze speciali statunitensi ed era parte di una filosofia simile a quella che Bush aveva per l’invasione dell’Iraq
Gulf News
[03.05.2013] di Luc Debieuvre   (trad. di B. Vanzetti per GilGuySparks)
La Libia è ancora un paese? Un’unità geografica ex coloniale, forse sì. Ma poco più: non c’è un apparato statale, nessuna autorità diversa da quella di qualche leader tribale. Si aggiunga a ciò, non c’è sicurezza. In questi giorni a Tripoli l’accerchiamento degli edifici di vari ministeri da parte delle milizie dimostra solamente il fatto che un altro stato arabo nazionale è stato distrutto, per la grande gioia dei neoconservatori che sopravvivono negli Stati Uniti i quali non hanno sicuramente imparato nulla dall’invasione dell’Iraq nel 2003.
AQ Benghazi
L’Iraq è diventato un campo di battaglia sanguinoso. Le province libiche della Cirenaica, di Tripoli e del Fezzan vanno ora per la propria strada, in quella che è diventata una divisione di fatto. Sarà la Siria a essere la prossima sulla lista?

Se ciò accade, allora l’analista del ministro degli affari esteri d’Israele, Oded Ynon, raccoglierà finalmente i frutti di una strategia che delineò 30 anni fa: Fare in modo che quanti più stati arabi possibili spariscano.
Solamente la ragione per cui alcuni diplomatici arabi abbiano sostenuto questa mossa, rimane un mistero.
La disintegrazione in corso del paese ha una diretta conseguenza per il popolo libico. Essi non sono del tutto responsabili, poichè la Libia è stata attaccata da potenze straniere che avevano evidentemente altre cose in mente che “portare la democrazia”. Ancora, come in Iraq, regna il caos.
Tuttavia, un’altra considerazione va ben oltre gli interessi del popolo libico.
Nel sud della Libia (nel Fezzan), nella zona orientale dell’Algeria e in quella settentrionale del Niger, è emerso una sorta di triangolo intorno alla città di Sebbah, che serve come base per i jihadisti che vogliono combattere in Siria e in Iraq. Si tratta di un percorso tradizionale, dal Passo Salvador in Niger per Sebbah. Il luogo è stato usato per anni dai salafiti egiziani e da alcuni membri dei Fratelli musulmani, che lo usavano per addestrare la loro gente. Alcuni di loro si sarebbero alla fine uniti alla nebulosa di al Qaida  – e ora a Jabhat Al Nusra. Ogni genere di estremisti, a quanto pare, hanno usato quel luogo, compresi quei terroristi che hanno attaccato l’installazione petrolifera ad Amenas, così come i seguaci dell’attuale capo militare di Tripoli, Abdul Hakim Belhadj.
Non a caso qualche tunisino aspirante jihadista ha recentemente confermato che, fallito il loro viaggio in Siria, tenevano l’area Sebbah come punto di uscita. Non è stato inoltre un caso che alcuni dei combattenti catturati dall’esercito francese nel Mali nord orientale, sulle montagne Adrar Ifogas, abbiano confermato che stavano arrivando dal sud della Libia. Per quanto riguarda l’Hercules C-130 della Mezzaluna Rossa, che ha lasciato l’aeroporto di Gao appena prima che le truppe francesi arrivassero, molti si sono domandati in merito alla vera natura dell”attrezzatura chirurgica mobile’ lasciata in fretta sulla pista, ma pochi sono a conoscenza della destinazione del velivolo – Sebbah. Secondo fonti di intelligence tedeschi, a bordo vi erano 30 jihadisti.
Un summit dei capi dell’intelligence europea tenutosi il 23 marzo, avvertì la Francia che estremisti appartenenti a Jabhat Al Nusra stavano giungendo da Turchia e Libia. Nessuno può, dunque, dire più di non essere a conoscenza. Tuttavia, se la lotta contro il terrorismo dovesse cominciare ora nella regione di Sebbah, come si svilupperà il combattimento quando sembra che quei terroristi che combattono, sono gli stessi che stanno pagando in Iraq o in Siria? È giunto il momento di chiamare le cose col loro nome, soprattutto quando si guarda a ciò che sta accadendo in Siria.
Forze speciali britanniche in Siria
Le recenti accuse, tra gli altri, di Israele, sul presunto uso di armi chimiche da parte del governo siriano, ci ricordano la dichiarazione dell’ex segretario di stato americano Colin Powell nel 2002 alle Nazioni Unite: “Ho la prova …” dell’esistenza in Iraq di armi di distruzione di massa. Quelle armi semplicemente non esistevano. Il resto è storia: no-fly zone, bombardamenti, ulteriori vittime civili. Perché Israele interferirebbe in Siria, quando il lavoro viene svolto da altri? Riguardo ai giovani jihadisti arabi condannati al carcere nei loro paesi d’origine, ma coloro ai quali viene “offerto” di fuggire in Siria, viene in mente l’Afghanistan.
L’esperienza dell’Iraq e della Libia non ha insegnato nulla agli Stati Uniti. La strategia per l’Iraq di George W. Bush ha causato un danno terribile ad una parte significativa del mondo arabo. La “liberazione” della Libia era in realtà un’invasione condotta da Forze Speciali e faceva parte di una filosofia simile.
Quando il ministro degli interni libico afferma che il recente attentato contro l’ambasciata francese a Tripoli è stato effettuato dai lealisti di Muammar Gheddafi, dovrebbe anche spiegare perché le tribù locali vogliono nascondere la realtà dei campi di addestramento e di partenza dislocati a sud – anche se fossero utili a così tante persone.
Luc Debieuvre è un saggista francese e docente presso Iris (Institut de Relations Internationales et Strategiques) e la Faco Legge dell’Università di Parigi.
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  • Disastrous Libyan situation
‘Liberation’ of Libya was actually an invasion led by the US Special Forces and was part of a similar philosophy that Bush had for Iraq invasion
By Luc Debieuvre May 3, 2013   Gulf News
Is Libya still a country? A former colonial geographical unit, maybe yes. But little more: There is no state apparatus, no authority other than that of some tribal leaders. Add to that, there is no security. The surrounding of various ministries’ buildings by militias in the past few days in Tripoli only goes to prove the fact that another national Arab state has been destroyed, to the great joy of surviving neo-conservatives in the US who have definitely learnt nothing from the invasion of Iraq in 2003.
Iraq has become a bloody battlefield. Libya’s provinces of Cyrenaica, Tripoli and Fezzan are now going their own way, in what has become a de facto partition. Will Syria be the next on the list? If that happens, then Israel’s Ministry of Foreign Affairs analyst Oded Ynon will finally reap the benefits of a strategy he defined 30 years ago: Make as many Arab states disappear as possible. Only the reason why some Arab diplomats supported the move remains a mystery.
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The on-going disintegration of the country has a direct consequence for the Libyan people. They are not wholly responsible for it, as Libya was also attacked by foreign powers who obviously had other things in mind than “bringing democracy”. Still, anarchy reigns, as in Iraq.
However, another consideration goes far beyond the interests of the Libyan people.
In southern Libya (Fezzan), eastern Algeria and northern Niger, a kind of a triangle has emerged around the city of Sebbah, which is serving as a base for jihadists who want to fight in Syria and Iraq. It is a traditional route, from the Salvador Pass in Niger to Sebbah. The place has been used for years by Egyptian salafists and some members of the Muslim Brotherhood, who used to train their people there. Some of them would ultimately join the Al Qaida nebula — and now the Jabhat Al Nusra. All kinds of activists, it seems, have used the place, including those terrorists who attacked the oil-installation in Amenas as well as followers of Tripoli’s current military chief Abdul Hakim Belhadj.
Not by chance have some Tunisian would-be jihadists recently confirmed that their aborted trip to Syria had the Sebbah area as an exit point. It was also not by chance that some of the fighters captured by the French army in north eastern Mali, in the Adrar Ifogas mountains, confirmed that they were coming from southern Libya. As for the Red Crescent C-130 Hercules aircraft that left Gao airport just before French troops arrived, many wondered about the true nature of the ‘mobile chirurgery equipment’ left in haste on the tarmac; but few are aware of the destination of the plane — Sebbah. According to German intelligence sources, 30 jihadists were on board.
A European intelligence chiefs’ summit held on March 23 warned France that activists joining Jabhat Al Nusra were coming from Turkey and Libya. Nobody can, therefore, say anymore that they were not aware. However, if the fight against terrorism should now start in the region of Sebbah, how will the fight develop when it appears that those fighting terrorists there are the same who are paying them in Iraq or in Syria? Time has come to call a spade a spade, especially when looking at what is happening in Syria.
Recent accusations from, among others, Israel about the supposed use of chemical weapons by the Syrian government remind us of former US secretary of state Colin Powell’s declaration in 2002 at the UN: “I have the proof …” of the existence of Iraq’s weapons of mass destruction. Those weapons simply did not exist. The rest is history: No-fly zones, shelling, additional civilian casualties. Why would Israel interfere in Syria, when the job is being done by others? As for the young Arab jihadists condemned to jail in their home countries but those who have “offered” to flee to Syria, one is reminded of Afghanistan.
The experience of Iraq and Libya has taught the US nothing. George W. Bush’s Iraq strategy has brought terrible harm to a significant portion of the Arab world. The “liberation” of Libya was actually an invasion led by Special Forces and was part of a similar philosophy.
When the Libyan minister of interior claims that the recent bomb attack on the French embassy in Tripoli was carried out by Muammar Gaddafi loyalists, he should also explain why the local tribes want to hide the reality of south-based training and departure camps — even though they would be useful to so many people.
Luc Debieuvre is a French essayist and a lecturer at Iris (Institut de Relations Internationales et Strategiques) and the Faco Law University of Paris.
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