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lunedì 22 luglio 2013

LA DONNA 1

La donna è un essere umano e l’uomo è un essere umano. Su ciò non esiste
disaccordo né dubbio alcuno. La donna e l’uomo, dal punto di vista umano,
ovviamente sono uguali. Fare una discriminazione tra uomo e donna sul piano
umano è un’ingiustizia clamorosa e senza giustificazione. La donna mangia e
beve come mangia e beve l’uomo. La donna odia e ama come odia e ama
l’uomo. La donna pensa, apprende e capisce come pensa, apprende e capisce
l’uomo. La donna ha bisogno di alloggio, di vestiario e di mezzo di trasporto
come ha bisogno l’uomo. La donna ha fame e ha sete come ha fame e ha sete
l’uomo. Ma allora perché esiste l’uomo e perché esiste la donna? Certo la
società umana non è formata soltanto da uomini o soltanto da donne, ma da
entrambi, ossia da uomo e donna assieme per legge di natura. Perché non
sono stati creati solo uomini oppure solo donne? Qual’è inoltre la differenza
tra uomini e donne, ossia fra l’uomo e la donna? Perché il creato ha richiesto
la creazione dell’uomo e della donna, il che si realizza con l’esistenza di
entrambi, e non dell’uomo soltanto, o della donna soltanto? Deve
assolutamente esservi una necessità naturale a favore dell’esistenza di
entrambi, e non soltanto dell’uno, o soltanto dell’altra.
 Dunque ciascuno dei
due non è l’altro, e fra i due vi è una differenza naturale, la cui prova è
l’esistenza dell’uomo e della donna assieme nel creato. Ciò di fatto significa
che per ciascuno dei due esiste un ruolo naturale che si differenzia
conformemente alla diversità dell’uno rispetto all’altro. Dunque è
assolutamente necessario che vi sia una condizione che ciascuno dei due vive,
e in cui svolge il suo ruolo diverso dall’altro. E tale condizione deve differire da
quella dell’altro, in ragione del diverso ruolo naturale proprio di ciascuno. Per
riuscire a comprendere tale ruolo, rendiamoci conto della differenza naturale
esistente fra la costituzione fisica dell’uomo e quella della donna, ossia quali
sono le differenze naturali tra i due: la donna è femmina e l’uomo è maschio.
La donna conformemente a ciò - come dice il ginecologo - ha le sue regole,
ovvero arrivata al mese è indisposta, mentre l’uomo per il fatto che è maschio
non ha le regole e di abitudine non è mensilmente indisposto. Questa
indisposizione periodica, cioè mensile, è un’emorragia. Vale a dire che la
donna, per il fatto che è femmina, è naturalmente soggetta ad una emorragia
mensile. Quando la donna non ha le sue regole è gravida. E se è tale, per la
natura stessa della gravidanza, è indisposta per circa un anno, ovvero
impedita in ogni attività naturale finché non partorisce.
Quando poi partorisce o quand’anche abortisce, è colpita dai disturbi
conseguenti ad ogni parto o aborto. Invece l’uomo non diviene gravido e di
conseguenza, per natura, non è colpito dai disturbi da cui è colta la donna per
il fatto che è femmina. La donna dopo il parto allatta l’essere che aveva
portato in sé. L’allattamento naturale dura circa due anni. Ciò significa che il
bambino è inseparabile dalla donna ed ella è inseparabile da lui, tanto che
sarà impedita da svolgere la sua attività e direttamente responsabile di un
altro essere umano: è lei che lo assiste nell’adempimento di tutte le funzioni
biologiche, e senza di lei egli morrebbe. Invece l’uomo non diviene gravido e
non allatta. E qui termina la spiegazione del medico. Questi dati naturali
creano differenze congenite, per le quali non è possibile che l’uomo e la donna
siano eguali. Esse di per sé costituiscono la reale necessità dell’esistenza, del
maschio e della femmina, cioè dell’uomo e della donna. Ciascuno dei due nella
vita ha un ruolo o una funzione diversa dall’altro, in cui non è assolutamente
possibile che il maschio subentri alla femmina: ossia non è possibile che
l’uomo assolva a queste funzioni naturali in luogo della donna. E’ degno di
considerazione che tali funzioni biologiche sono un peso gravoso per la donna,
che le impone uno sforzo ed una sofferenza non trascurabili. Ma senza dette
funzioni cui ella adempie la vita umana finirebbe: si tratta dunque di funzioni
naturali, non volontariamente scelte né obbligatorie, ma piuttosto necessarie,
la cui sola alternativa sarebbe la fine totale della vita del genere umano. Esiste
un intervento volontario contro la gravidanza, che costituisce l’alternativa
della vita umana; esiste un intervento volontario parziale contro la gravidanza;
esiste l’intervento contro l’allattamento. Essi però sono tutti anelli di una
catena di azioni contrarie alla natura della vita, culminanti nell’uccisione, ossia
nel fatto che la donna uccida se stessa nella sua essenza per non ingravidare,
non procreare e non allattare. Il che rientra negli interventi artificiali contro la
natura della vita rappresentata dalla gravidanza, l’allattamento, la maternità e
il matrimonio, salvo il fatto che essi ne differiscono nel grado. La rinuncia al
ruolo naturale della donna nella maternità, ossia che gli asili nido si
sostituiscano alla madre, è l’inizio della rinunzia alla società nella sua
dimensione umana e della sua trasformazione in società puramente biologica
e in vita artificiale. Separare i bambini dalle madri ammassandoli negli asili
nido è un’operazione che li rende pressoché pulcini, perché gli asili nido sono
qualcosa che rassomiglia alle stazioni di sagginamento in cui si ammucchiano i
pulcini dopo la covata. Infatti solo la maternità naturale conviene alla
costituzione dell’essere umano, è compatibile con la sua natura e confacente
alla sua dignità.
Vale a dire che il bambino va educato dalla madre e deve crescere in famiglia
in cui vi sono amore materno, paterno e fraterno e non in una sorta di
stazione come quella per allevare il pollame. Anche i polli tuttavia hanno il
bisogno della maternità come fase naturale, al pari dei rimanenti figli
dell’intero regno animale. Perciò allevarli in stazioni simili agli asili nido è
contro la loro crescita naturale, e persino la loro carne si accosta
maggiormente a quella preparata su base industriale che a quella di
allevamento spontaneo. La carne degli uccelli di allevamento (mahattàt) non è
gustosa e talora non fa nemmeno bene, poiché i rispettivi volatili non stati
allevati in modo naturale, ossia a riparo della maternità naturale. Invece i
volatili ruspanti sono più appetitosi e sostanziosi, poiché sono cresciuti grazie
alla maternità naturale e nutrendosi in modo naturale. In quanto ai senza
famiglia e ai senza tetto, la società ne è tutore. E’ solo per costoro che la
società dovrebbe istituire gli asili nido etc. E’ meglio che di essi si curi la
società, piuttosto che individui che non sono i loro padri. Se si facesse un
esperimento empirico per conoscere l’inclinazione naturale del bambino fra la
madre e il centro di puericultura, il bambino propenderebbe per la madre,
certo non per l’altro. E dato che la predilezione naturale del bambino è per la
madre, ella è dunque il riparo naturale e giusto dell’allevamento. Perciò
indirizzare il bambino all’asilo nido anziché lasciarlo alla madre è una
coercizione ed è un abuso contro la sua libera tendenza naturale. In tutte le
cose la crescita naturale è quella sana in piena libertà. Che si faccia dell’asilo
nido una madre è un atto coercitivo contrario alla libertà della crescita
corretta. I bambini sono condotti all’asilo nido forzatamente, oppure per il
fatto che li si raggira e per la loro semplicità infantile. E poi essi vi sono inviati
per cause puramente materiali, e non sociali. Ma, tolti i mezzi coercitivi
adottati nei loro confronti e la semplicità infantile, essi rifiuterebbero l’asilo
nido e starebbero attaccati alle loro madri. La sola giustificazione per questa
operazione innaturale e inumana è che la donna si trovi in una situazione
incompatibile con la natura, ovvero che sia costretta all’adempimento di
obblighi sociali e contrari alla maternità. La natura della donna le comporta un
ruolo diverso da quello dell’uomo, per poter adempiere al quale ella deve
porsi in una situazione diversa rispetto all’uomo. La maternità è funzione della
femmina, non del maschio. Perciò è naturale che i figli non vengano separati
dalla madre. Qualunque provvedimento che li separa dalla madre è abuso,
tirannia e dispotismo. La madre che rinuncia alla maternità verso i suoi figli
contravviene al suo ruolo naturale nella vita, ed occorre che le vengano
garantiti i diritti e le condizioni adeguate mancanti.

DA: Il libro verde, di Muammar Gheddafi.

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