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martedì 23 luglio 2013

LA DONNA 2

Sono egualmente l’abuso e il dispotismo che obbligano la donna a espletare il
suo ruolo naturale in circostanze innaturali, mettendola in una situazione di
contrasto intrinseco. Se la donna rinuncia al suo ruolo naturale del parto e
della maternità essendovi costretta, sono esercitate su di lei tirannia e
dispotismo. La donna bisognosa di un lavoro, che la renda incapace di
assolvere alla sua missione naturale, non è libera essendovi costretta dal
bisogno, perché nel bisogno la libertà scompare. Vi sono circostanze
appropriate e anche necessarie perché sia agevolato alla donna
l’adempimento della sua missione naturale, diversa da quella dell’uomo.
 Fra
esse quelle che si confanno ad una persona indisposta, oppressa dalla
gravidanza, ossia dal portare in grembo un altro essere umano capace che la
deblita sul piano della capacità materiale. In una delle fasi della maternità è
ingiusto che la donna venga messa in una situazione non confacente a tale
stato: come il lavoro fisico, che per lei equivale a una sanzione corrispondente
al suo tradimento umano della maternità. Ed equivale anche a un tributo che
ella è costretta a pagare per entrare nel mondo degli uomini, che certo non
sono del suo stesso sesso. Si è convinti - compresa lei stessa - che la donna
svolga il lavoro fisico esclusivamente di una spontanea volontà, ma di fatto
non è così. Ella vi adempie solo perché la dura società materialistica l’ha
messa in circostanze di forza maggiore, senza che lei se ne rendesse
direttamente conto. E non le resta altra via che assoggettarsi alle condizioni di
tale società, mentre è convinta di lavorare per sua libera scelta. Ma ella non è
libera di fronte a una siffatta regola che sosterrebbe: "fra uomo e donna non
vi è differenza in nessuna cosa". L’espressione "in nessuna cosa" è il grande
inganno nei confronti della donna. Distrugge infatti le condizioni a lei
appropriate e indispensabili: condizioni necessarie e di cui ella deve senz’altro
godere dinanzi all’uomo, in conformità alla sua natura che le ha predisposto
un ruolo da svolgere nella vita. L’eguaglianza fra l’uomo e la donna nel portare
pesi mentre ella è gravida è ingiustizia e crudeltà, come lo è l’eguaglianza fra
di loro nel digiuno e nella fatica mentre ella allatta. E’ ingiustizia e crudeltà
l’eguaglianza fra di loro in un lavoro sporco che sfigura la bellezza di una
donna, privandola della sua femminilità. E’ anche ingiustizia e crudeltà
addestrare la donna ad un programma che, di conseguenza la conduce allo
svolgimento di un lavoro non confacente alla sua natura. Fra l’uomo e la
donna non esiste differenza sul piano umano: a nessuno dei due è lecito
sposare l’altro senza il suo libero consenso, né sciogliere il matrimonio senza
un equo arbitrato che lo ratifichi, o senza l’accordo delle due volontà
dell’uomo e della donna al di fuori dell’arbitrato.
Oppure che la donna si sposi senza che vi sia accordo sullo scioglimento, o che
l’uomo si sposi senza che vi sia accordo sullo scioglimento. La donna è la
padrona della casa perché la casa è una delle condizioni appropriate e
necessarie a lei che è incinta, è indisposta, procrea ed assolve alla maternità.
La femmina è padrona del riparo della maternità, cioè la dimora, anche nel
mondo degli altri animali diversi dall’uomo. Per la sua natura il suo dovere è la
maternità, ed è un arbitrio privare i figli della madre o privare la donna della
casa. La donna non è altro che femmina. Femmina significa che essa ha una
natura biologica diversa da quella dell’uomo, per il fatto che egli è maschio. La
natura biologica della femmina, diversa dal maschio, ha assegnato alla donna
caratteristiche differenti da quelle dell’uomo sia nella forma sia nell’essenza.
L’aspetto della donna è diverso da quello dell’uomo perché ella è femmina,
così come ogni femmina fra gli esseri viventi, animali e vegetali, è diversa dal
maschio sia nella forma sia nell’essenza. Questa è una realtà naturale
indiscutibile. Il maschio nel regno animale e vegetale è stato creato forte e
rude per natura, mentre la femmina nei vegetali e negli animali è stata creata
bella e delicata per natura. Queste sono realtà naturali ed eterne con cui sono
stati creati gli esseri viventi chiamati uomini, animali, piante. In ragione di tale
diversa costituzione e delle leggi naturali, il maschio svolge il ruolo del forte e
del rude non per costrizione, ma perché è stato creato così. Invece la femmina
svolge il ruolo del delicato e del bello non per sua libera scelta, ma perché è
stata creata così. Questa regola naturale è la giusta norma, per il fatto che da
un lato è naturale e dall’altro è la regola fondamentale della libertà, dato che
le cose sono state create libere e che qualunque intervento contrario alla
regola della libertà è un arbitrio. Non attenersi a questi ruoli naturali e
trascurarne i limiti significa trascurare e corrompere i valori della vita stessa.
La natura è stata ordinata così per trovarsi in armonia con l’ineluttabilità della
vita fra l’essere e il divenire. L’essere vivente, allorché è creato vivente, è un
essere che necessariamente vive finché non muore. La durata dell’esistenza
tra il principio e la fine si basa su una legge costitutiva e naturale, in cui non vi
è possibilità di libera scelta né di coercizione, ma è naturale, è la libertà
naturale. Negli animali, nei vegetali e nell’uomo è necessario che vi siano
maschio e femmina per il realizzarsi della vita fra l’essere e il divenire. E non è
solo sufficiente che l’uomo e la donna esistano, ma bisogna anche che
svolgano il loro ruolo naturale per il quale sono stati creati. E ciò deve
avvenire con piena capacità. Se esso non è compiuto perfettamente, significa
che nel corso della vita vi è un difetto, conseguente a chissà quale circostanza.
E questa è la situazione oggi vissuta dalla società quasi ovunque al mondo,
come risultato della confusione fra il ruolo dell’uomo e quello della donna:
vale a dire in seguito ai tentativi di ridurre la donna in uomo. In armonia con la
natura costitutiva ed i suoi scopi, l’uomo e la donna devono sempre eccellere
nel loro ruolo. Altrimenti sarebbe la regressione, l’atteggiamento in contrasto
con la natura e distruttivo della regola della libertà, ed in contrasto con la vita
e con la sopravvivenza. E’ necessario che ciascuno dei due adempia al ruolo
per il quale è stato creato, senza rinunciavi; poiché il rinunciarvi, sia pure in
parte, si verifica solo per circostanze di forza maggiore, ovvero in una
situazione anomala. La donna che rifiuta la gravidanza e il matrimonio, oppure
l’ornamento e la leggiadria per motivi di salute, rinuncia al suo ruolo naturale
nella vita per la circostanza di forza maggiore della salute. La donna che rifiuta
la gravidanza e il matrimonio oppure la maternità etc. a causa del lavoro,
rinunzia al suo ruolo naturale per una circostanza egualmente di forza
maggiore. La donna che rifiuta la gravidanza, il matrimonio o la maternità etc,
senza alcuna causa concreta, rinuncia al suo ruolo naturale per una circostanza
di forza maggiore dovuta alla deviazione ideale rispetto alla regola della
natura costitutiva. Così non è possibile che la femmina o il maschio rinuncino a
svolgere il loro ruolo naturale nella vita, se non in circostanze innaturali,
contrarie alla libertà e minatorie per la sopravvivenza. Perciò è necessaria una
rivoluzione universale che elimini tutte le condizioni materiali che
impediscono alla donna l’espletamento del suo ruolo naturale nella vita, e che
le fanno svolgere i compiti dell’uomo perché sia pari a lui nei diritti. Questa
rivoluzione avverrà inevitabilmente, specie nelle società industriali, come
reazione dell’istinto di sopravvivenza, ed anche senza il bisogno di qualche
provocatore alla rivoluzione, come per esempio "Il Libro Verde". Tutte le
società oggi guardano alla donna né più né meno che come ad una merce.
L’Oriente guarda ad essa come oggetto di godimento suscettibile di vendita e
di compera. L’Occidente guarda ad essa come se non fosse femmina. Indurre
la donna a svolgere il lavoro maschile è un’ingiusta aggressione contro la
femminilità di cui è stata naturalmente dotata per uno scopo naturale
necessario alla vita. Infatti il lavoro maschile cancella le belle fattezze della
donna con cui la natura costitutiva ha voluto che appaia perché svolga un
ruolo diverso da quello del lavoro confacente a chi non è femmina. E’
esattamente come i fiori, creati per attirare i grani del polline e per produrre le
semenze: se li eliminassimo finirebbe il ciclo delle piante nella vita. E’ proprio
l’abbellimento naturale della farfalla, degli uccelli e delle restanti femmine
degli animali che serve a questo scopo vitale naturale.
Se la donna svolge il lavoro maschile deve allora trasformarsi in uomo,
rinunziando al suo ruolo e alla sua bellezza. La donna ha pieni diritti, anche
senza essere costretta a trasformarsi in uomo e a rinunziare alla sua
femminilità. La conformazione fisica, per natura diversa fra l’uomo e la donna,
implica che differiscono anche le funzioni degli organi, diversi nella femmina
rispetto al maschio. Il che comporta a sua volta una differenza del loro intero
modo di essere : differenza di temperamento, di psiche, di nervi e di aspetto
fisico. La donna è tenera. La donna è bella. La donna ha facile il pianto. La
donna ha paura e generalmente, in conseguenza della conformazione
naturale, la donna è delicata, mentre l’uomo è rude. Ignorare le differenze
naturali tra l’uomo e la donna e confondere i loro ruoli è un atteggiamento del
tutto incivile, contrario alle leggi naturali, distruttivo per la vita umana e causa
reale di infelicità nella vita sociale dell’essere umano. Le società industriali in
quest’epoca hanno adattato la donna al lavoro nei suoi aspetti più materiali
rendendola come l’uomo, a scapito della sua femminilità e del suo ruolo
naturale nella vita, relativamente alla bellezza, alla maternità e alla
tranquillità. Ebbene esse sono società incivili, società materialistiche e
barbare. E’ stolto e pericoloso per la civiltà umana imitarle! Perciò il problema
non è che la donna lavori o non lavori. Questo è uno sciocco modo
materialistico di porre la questione. Occorre che la società procuri il lavoro a
tutti i suoi individui abili e bisognosi, uomini e donne. Ma ogni individuo deve
lavorare nel campo che gli si confà, senza essere forzato sotto arbitrio a fare
ciò che non gli si addice. E’ sopruso e dispotismo che i bambini si trovino nelle
condizioni di lavoro degli adulti. E’ anche sopruso e dispotismo che la donna si
trovi nella condizione di lavoro degli uomini. La libertà è che ogni essere
umano apprenda le cognizioni che gli si confanno, e che lo qualificano ad un
lavoro che gli si addice. Invece il dispotismo è che l’essere umano apprenda le
cognizioni che non gli si confanno e lo conducono a un lavoro che non gli si
addice. Il lavoro che si confà all’uomo non è sempre quello che si addice alla
donna, e le cognizioni che si confanno al bambino non sono quelle che si
addicono all’adulto. Non vi è differenza nei diritti umani fra l’uomo e la donna
e fra l’adulto e il bambino, ma non vi è eguaglianza completa fra loro per i
doveri cui devono assolvere.
Da: il libro verde di Muammar Gheddafi.

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