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mercoledì 14 agosto 2013

Il destino incerto del regime USA-NATO in Libia.

Abayomi Azikiwe, Global Research, 11 giugno 2013

Dopo più di due anni dalla vera e propria guerra del Pentagono e della NATO contro lo Stato nordafricano della Libia, il regime insediatosi del Congresso Nazionale Generale oggi chiede aiuto ai suoi padroni neo-coloniali. In un comunicato stampa del segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, il capo di questa alleanza militare imperialista ha indicato che il governo filo-occidentale di Tripoli ha richiesto assistenza sulla sicurezza. Un gruppo di cosiddetti “esperti” dovrebbe partire il più presto possibile e riferire alla NATO a fine giugno, “in modo da poter decidere la via da seguire“, ha detto Rasmussen. Il funzionario della NATO ha anche detto che tre principi dovrebbero guidare qualsiasi aiuto fornito dalla NATO. Secondo il comunicato emesso dalla NATO il 4 giugno, questi principi dovrebbero “includere una forte titolarità libica, fornendo consulenza nei settori in cui la NATO ha competenza, come la costruzione di istituzioni della sicurezza. E in terzo luogo vorrei sottolineare che non si tratta dello schieramento di truppe in Libia. Se siamo impegnati in attività di formazione, tali attività potrebbero svolgersi fuori dalla Libia“, ha detto il segretario generale. (Comunicato stampa della NATO, 4 giugno)
Queste dichiarazioni hanno luogo nel contesto dell’aggravarsi della sicurezza in Libia e in tutto il Nord ed Ovest Africa. La sicurezza e la stabilità sociale della Libia e delle due regioni dell’Africa sono il risultato diretto delle azioni militari del Pentagono e della NATO dal febbraio-marzo 2011. Durante la guerra imperialista contro la Libia, circa 26.000 sortite furono effettuate dagli Stati Uniti, dalla NATO e dai loro alleati nella regione, e 9.600 attacchi aerei hanno colpito lo Stato petrolifero. Un embargo sulle armi fu imposto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro il Governo libico di Gheddafi, ma i ribelli venivano addestrati, sostenuti e armati per attaccare i sostenitori della Jamahiriya, i civili e le forze patriottiche. Oltre alle azioni militari della NATO e degli Stati Uniti contro questo Paese di circa 7 milioni di abitanti, 160 miliardi di dollari USA in asset esteri di proprietà libica furono sequestrati dalle banche occidentali. Una concertata violenza di massa venne attuata contro i libici di pelle scura e gli africani di altre regioni del continente. Tutti gli apparati pubblici e della politica estera degli Stati occidentali e i loro succedanei furono mobilitati per demonizzare la Libia e la sua leadership. I media aziendali ripeterono a pappagallo le false affermazioni dei governi imperialisti, al fine d’influenzare l’opinione pubblica a favore della guerra per il cambio di regime contro il colonnello Muammar Gheddafi e i suoi sostenitori, nel Paese e internazionalmente.

Le conseguenze della guerra degli Stati Uniti e della NATO contro la Libia
Attualmente in Libia migliaia di africani e decine di cittadini stranieri provenienti dall’Europa dell’Est sono detenuti dal regime del GNC. Saif al-Islam, figlio del martire colonnello Muammar Gheddafi, è imprigionato da un gruppo di miliziani che, insieme ai leader del GNC, si rifiutano di consegnare alla Corte penale internazionale (CPI). Anche la Corte penale internazionale ha giocato un ruolo nell’isolamento della Libia nel 2011. I procuratori dell’Aja sostennero assieme agli imperialisti, che violazioni dei diritti umani venivano compiute dalla Jamahiriya di Gheddafi. Di conseguenza, rinvii a giudizio e ordini di arresto furono emessi dalla Corte penale internazionale contro Gheddafi, Saif al-Islam e i principali funzionari libici patriottici. Oggi c’è una battaglia in corso nel regime del GNC, in cui la Corte penale internazionale ha un ruolo determinante, ed i ribelli libici che dicono di poter processare Saif al-Islam in modo “equo”. Eppure, se il regime in Libia non è in grado di fornire una sicurezza adeguata ai cittadini e funzionari del regime, allora come potranno svolgere un procedimento giudiziario imparziale verso le vittime della crisi politica attuale.
I leader della NATO e dell’ICC, nonché prescelti presunti “gruppi per i diritti umani”, si sono astenuti dal commentare e analizzare le conseguenze disastrose della guerra imperialista contro la Libia. Una manifestazione di questa negazione si riflette negli attuali sforzi per estradare Seif al-Islam a L’Aia, per essere processato da un sistema giudiziario, la Corte penale internazionale, che è stato condannato dall’Unione africana (UA) essendo prevenuto contro i leader e i popoli del continente. Forse l’affermazione più scandalosa riguardo la situazione in Libia è stata fatta dal segretario generale della NATO Rasmussen quando, in modo azzardato, disse alla delegazione destinata allo Stato nordafricano, per avviare un programma di addestramento, che “Credo che questo sarebbe il modo appropriato per continuare la nostra cooperazione con la Libia, dopo aver adottato con successo l’azione per proteggere il popolo libico, due anni fa“. La situazione del popolo in Libia è più precaria di quanto non lo sia mai stata dalla guerra coloniale di conquista dell’Italia del 1911-1931, quando centinaia di migliaia di persone furono massacrate dagli imperialisti e dai fascisti, dal 1923 guidati da Benito Mussolini. Anche dopo che il Paese ottenne un’indipendenza nominale con la monarchia, nel 1951, solo la Rivoluzione del 1 settembre 1969 guidata dal colonnello Gheddafi e dal Consiglio del comando rivoluzionario, unificò lo Stato e avviò un processo di sviluppo e costruzione nazionale.

Il massacro a Bengasi riflette la devoluzione della società libica
L’8 giugno, i membri delle milizie di Bengasi, culla della contro-rivoluzione contro la Jamahiriya nel febbraio 2011, massacrarono i manifestanti che chiedevano che i gruppi armati che terrorizzano la popolazione siano arrestati e neutralizzati. Vi sono state notizie che contestano il numero di morti e feriti dell’ultimo assalto al popolo libico, dimostrando chiaramente il grado di illegalità prevalente nel Paese. Un articolo pubblicato dalla Associated Press ha riferito che “Gli scontri tra manifestanti e milizie allineate con i militari nelle città della Libia orientale di Bengasi hanno lasciato 27 morti e decine di feriti, ha detto un funzionario della sanità. Le violenze sono scoppiate dopo che i manifestanti hanno assaltato una base appartenente allo ‘Scudo della Libia’, un gruppo di miliziani ribelli che combatterono nella guerra civile del 2011, che ha il compito di provvedere alla sicurezza.” (9 giugno)
In Libia le milizie cercano di fratturare lo Stato nelle tre regioni dell’Est, Ovest e Sud. In una recente legge approvata dal parlamento del GNC, gli ex membri del governo di Gheddafi, anche se si sono rivoltati contro la Jamahiriya per conto dell’imperialismo, vengono banditi dal servizio pubblico. Prima dell’annuncio che la NATO avrebbe inviato una delegazione in Libia, la Francia, che occupa il Mali e propaga la sua guerra in Africa occidentale nel vicino Niger, aveva chiesto l’intervento militare nel sud della Libia. La Francia sostiene che la Libia del sud, che non è mai finita sotto il controllo dei ribelli del GNC, è la fonte della resistenza ai suoi sforzi militari in Africa occidentale.
Gli sviluppi in Libia e Mali indicano chiaramente che l’intervento imperialista in Africa e in altre regioni geopolitiche del mondo, può soltanto destabilizzare queste aree e fornire motivazioni per ulteriori occupazioni militari. Nonostante gli sforzi per contenere e pacificare i popoli di queste regioni, la resistenza aumenterà creando crisi ancor più profonde nei Paesi industrializzati che già soffrono di elevati livelli di disoccupazione, povertà, austerità e repressione politica.

Abayomi Azikiwe redattore di Panafrican News Wire
Copyright © 2013 Global Research

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Preso Da: http://aurorasito.wordpress.com/2013/06/16/il-destino-incerto-del-regime-usa-nato-in-libia/

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