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venerdì 1 agosto 2014

Libia nel caos, la peggiore situazione dalla caduta di Gheddafi

Di Stefano Consiglio | 25.07.2014 16:07 CEST


La Libia è nel caos. Continui scontri vengono combattuti quotidianamente tra le varie milizie presenti nella regione, il tutto in un contesto caratterizzato da un'estrema instabilità politica e da blandi interventi da parte delle Nazioni Unite.


Il 22 luglio l'Alta commissione elettorale della Libia ha annunciato i nomi dei candidati usciti vincitori alle elezioni parlamentari dello scorso 25 giugno. Molti dei partiti che avevano governato il paese nella fase di transizione sono stati messi al bando. Il 24 aprile il Consiglio nazionale di transizione ha infatti adottato due leggi con le quali ha impedito la candidatura a quei partiti che basano i loro programmi su piattaforme religiose, tribali o regionali.

L'instabilità politica della Libia potrebbe essere incentivata dal fatto che dei 200 seggi del Parlamento 168 verranno assegnati a candidati indipendenti, che possono essere associati solo indirettamente con i partiti. I restanti 32 seggi, invece, saranno occupati da parlamentari donne,( quanto sono generosi ) così da garantire le quote rosa votate dal Consiglio di transizione. Ciò significa che non è sicuro che una chiara maggioranza si andrà a formare in Parlamento, il quale potrebbe essere incapace di varare le numerose riforme di cui il paese ha estremo bisogno. Secondo le prime dichiarazioni rilasciate dai neo-eletti parlamentari, la corrente laica avrebbe ottenuto la maggioranza dei seggi, prevalendo sui vari candidati islamici. Questo dato, di per se, non è significativo considerando quanto avvenuto dopo le elezioni del 2012. Si trattò delle prime elezioni democratiche della Libia, indette dal Consiglio di transizione. In quell'occasione la coalizione laica guidata da Mahmoud Jibril, riuscì a imporsi inizialmente in Parlamento. Nei mesi successivi, tuttavia, le lotte interne tra i vari partiti permisero ai Fratelli musulmani di tirare dalla propria parte i candidati indipendenti costringendo Jibril, che era stato nominato Primo ministro ad interim, a dimettersi.

Il problema principale della Libia rimane, in ogni caso, l'incapacità del Governo di garantire l'ordine pubblico. Da quando nel 2011 la popolazione libica, con l'aiuto della NATO, ha deposto il colonnello Gheddafi, gli scontri tra i vari gruppi armati presenti nel paese non hanno più avuto fine. Secondo uno studio compiuto dall'Institute for Economics and Peace, la Libia è tra i paesi che negli ultimi anni più sono regrediti in termini di stabilità.

Proprio in questi giorni numerosi combattimenti tra milizie rivali si sono susseguiti per il controllo dell'aeroporto di Tripoli, chiuso dal 13 luglio scorso. Secondo i dati forniti dal Ministero della salute libico, oltre 50 persone sarebbero decedute nel corso degli scontri. Il Governo ha cercato di evitare il peggio negoziando un cessate il fuoco tra le parti, senza tuttavia ottenere alcun risultato duraturo. Dopo poco tempo, infatti, la battaglia e riniziata causando non solo altre vittime ma anche la distruzione di diversi velivoli presenti nell'aeroporto. Gli scontri registrati in questi giorni a Tripoli sono solamente un esempio di ciò che sta avvenendo nel paese. I miliziani, infatti, stanno sferrando continui attacchi ai porti, ai giacimenti petroliferi e a ogni altra struttura che abbia un ruolo cruciale nel controllo del paese da parte del Governo di Tripoli.

Questi continui scontri tra milizie locali fanno sorgere un interrogativo: perché questi guerriglieri si combattono per il controllo della Libia? Per rispondere a questa domanda occorre ricordare che in Libia non esiste solamente una milizia armata ma una pluralità di gruppi combattenti aventi caratteristiche diverse.

Vi sono, anzitutto, le milizie regionali: si tratta di combattenti che hanno lottato contro il regime di Gheddafi. Attualmente essi si battono contro Tripoli per garantire gli interessi delle rispettive regioni d'appartenenza.

Le milizie regionali finiscono per scontrarsi di frequente con le milizie assoldate dal Governo libico. Dopo la caduta del Rais, infatti, i leader del Consiglio di transizione hanno capito che era estremamente difficile realizzare il disarmo delle varie milizie che avevano combattuto contro Gheddafi. Molto più semplice era, invece, il loro arruolamento. Questi gruppi armati, finanziati dal Governo locale, agiscono tuttavia in una logica di fedeltà ai loro comandanti piuttosto che al Consiglio di transizione, rendendo di fatto pericoloso il loro utilizzo.

Infine occorre ricordare il ruolo giocato nella destabilizzazione della Libia dalle milizie islamiche. Questi guerriglieri non riconoscono l'attuale Governo libico e si battono per l'instaurazione di uno Stato islamico, del tutto simile al califfato creato dall'ISIS in Iraq. Particolarmente pericolosa è la milizia Ansar al-Sharia, considerata responsabile dell'assassinio dell'ambasciatore americano Christopher Stevens. Viene da chiedersi quali siano gli effetti collaterali di questo caos diffuso che sta attanagliando la Libia dalla caduta di Gheddafi.

Oltre alle drammatiche conseguenze in termini di vite umane, questa situazione sta sconvolgendo l'economia libica, da sempre fortemente dipendente dall'esportazione del petrolio. Secondo gli ultimi dati forniti dalla National Oil Corp (Noc) la produzione giornaliera di greggio si aggira intorno ai 470 mila barili. Questo valore è nettamente inferiore rispetto agli 1,3 milioni di barili registrati a luglio del 2013, cioè prima che le milizie iniziassero ad attaccare i giacimenti e i porti petroliferi. La drastica diminuzione nella produzione di petrolio sta causando seri danni sia all'economia libica sia alle varie aziende operanti nel paese. Molte compagnie, tra cui la spagnola Repsol e l'italiana Eni, cioè i primi due investitori stranieri della Libia, hanno evacuato il personale temendo per la loro sicurezza.

Per quanto riguarda l'Italia l'attuale situazione libica sta causando un ulteriore problema: l'aumento di profughi che cercano rifugio scappando verso le coste italiane. In passato l'Italia aveva stipulato accordi di riammissione con la Libia, che attualmente non possono essere stipulati a causa della totale instabilità del Governo locale. Questi accordi sono stati criticati da buona parte dell'opinione pubblica, la quale ritiene che la soluzione del problema migranti dovrebbe passare attraverso la realizzazione di un piano di emergenza comunitario,così che l'Italia non debba sopportare da sola il peso degli immigrati che sbarcano sulle sue coste.




Esistono delle soluzioni per porre fine ai continui scontri che si susseguono in Libia? Alcuni politici, tra cui il Presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre, insistono sulla necessità di un secondo intervento della NATO, autorizzato dalle Nazioni Unite. Si tratterebbe, ovviamente, di un intervento diverso rispetto a quello realizzato nel 2011, dietro le pressioni di Francia e Gran Bretagna. In quell'occasione, infatti, le Nazioni Unite, che avevano il loro braccio armato nella NATO, avevano spinto molto nella fase iniziale dell'attacco, sottovalutando l'importanza delle successive fasi di post-conflict e peace-building. Il problema di un intervento internazionale, sia che venga condotto dalla NATO o da una coalizione di Stati autorizzati dal Consiglio di sicurezza, è che nessun successo verrebbe garantito a meno che in Libia non si instaurasse un regime politico stabile. Alcuni hanno identificato in Khalifa Heftir, capo delle milizie finanziate da Tripoli, l'uomo che potrebbe garantire questa stabilità. Come detto in precedenza l'uso di queste milizie da parte del Governo libico è assai pericoloso, l'enorme potere di cui dispone Heftir potrebbe spingerlo ad imporsi quale nuovo leader della Libia, realizzando una sorta di rinascita di Gheddafi. D'altra parte l'attuale situazione richiede sicuramente che vengano raggiunti dei compromessi, onde evitare che questo Stato si trasformi in una seconda Somalia, un fatto che non solo causerebbe innumerevoli vittime ma sconvolgerebbe anche gli equilibri geopolitici della regione.



Fonte: http://it.ibtimes.com/articles/68843/20140725/libia-gheddafi-nazioni-unite.htm

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