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martedì 9 dicembre 2014

Libia: il 95% dei libici afferma di stare peggio del 2011

a tre anni dall' intervento straniero in Libia neanche un terzo dei libici afferma di stare meglio di prima. Una ricerca dell’Istituto danese contro la tortura Dignity, pubblicata dal Guardian, offre una panoramica della condizione del popolo libico tre anni dopo l’intervento della Nato e alle porte di un nuovo possibile intervento delle Nazioni Unite.

COLLASSO DEL PAESE. Le quasi tremila interviste realizzate dall’Istituto hanno portato a questi risultati: quasi un terzo della popolazione soffre di problemi mentali, come attacchi di ansia e depressione. Il 63,6 per cento dei libici teme l’instabilità politica, il 61 per cento il collasso del Paese. Il 56,6 per cento si sente insicuro nella propria città, mentre il 46,4 per cento vede un futuro fosco per il Paese.

POPOLAZIONE MARTORIATA. Inoltre, il 20 per cento delle famiglie libiche ha almeno un componente scomparso, l’11 per cento uno arrestato e il 5 per cento uno ucciso. Delle persone arrestate, il 46 per cento afferma di essere stato picchiato, il 20 per cento torturato e il 16 per cento soffocato. Tra il 3 e il 5 per cento degli arrestati sono stati abusati sessualmente o torturati con scariche elettriche.


UN ALTRO INTERVENTO ONU? In un momento in cui il governo "legittimo" si trova nell’est del Paese, a Tobruk, esiliato dagli islamisti che hanno conquistato Tripoli, a Bengasi si combattono l’esercito regolare e le milizie dei terroristi, mentre la città di Derna è occupata dallo Stato islamico, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha dichiarato: «La Libia è al collasso. Se l’Onu ce lo chiede, pronte le nostre truppe per aiutare il Paese (…) con un intervento di peacekeeping, rigorosamente sotto l’egida Onu».

LA RICETTA EGIZIANA. Come dimostrano i dati sopra pubblicati, il primo intervento sotto l’egida Onu ha prodotto risultati disastrosi. Il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi che ha da poco concluso una visita in Italia e Vaticano, ha chiesto di fare «fronte comune per combattere il terrorismo» e «stabilizzare la Libia» con questo piano: «[In Libia] – ha detto al Corriere della Sera - regna il caos, ma soprattutto si stanno creando basi jihadiste di estrema pericolosità. La Nato non ha completato la sua missione. Perché dopo la guerra che ha eliminato Gheddafi la Libia è stata abbandonata? Non credo a nuovi interventi militari e l’Egitto non ne ha compiuti e non ne compie. Invece la Comunità internazionale deve fare una scelta molto chiara e collettiva a favore dell’esercito nazionale libico e di nessun altro», rifornendolo di armi e intelligence. Anche se il piano del presidente egiziano dovesse funzionare, la sua approvazione dovrà scontrarsi con Qatar e Turchia, che hanno già messo il proprio cappello sopra le milizie islamiste che sconvolgono il Paese.

Informazioni prese da: http://www.tempi.it/libia-collasso-egitto-fronte-comune-islamisti-italia-ci-pensa

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