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domenica 28 giugno 2015

Come aumentare il CAOS: Campi profughi in Niger e Tunisia per fermare l’esodo dalla Libia

La "bella" proposta la conosciamo da questo articolo della Stampa.

Campi profughi in Niger e Tunisia per fermare l’esodo dalla Libia
Intesa Roma-Londra sul piano. L’operazione anti-scafisti appesa alla risoluzione Onu
24/06/2015 paolo mastrolilli inviato a new york
Nel lungo periodo, l’Italia punta ad affrontare l’emergenza migranti con interventi strutturali finanziati dall’Unione europea e finalizzati soprattutto a farli restare a casa, anche creando campi di accoglienza in Tunisia e Niger per fare il filtro prima dell’arrivo sulle coste nordafricane. Nel breve vorrebbe la risoluzione Onu necessaria per passare alla fase due e tre della missione contro i trafficanti, ma per questo potrebbe essere costretta ad aspettare un paio di mesi, perché ormai il testo è legato alla mediazione di Bernardino Leon per creare un governo di unità nazionale in Libia, che nel migliore dei casi non porterà risultati prima della fine del Ramadan.




La trattativa con Cameron
Prima della visita che il premier britannico Cameron ha fatto all’Expo di Milano, dove ha incontrato il collega Renzi, le rispettive diplomazie hanno discusso i temi del colloquio. Va notato qui che la Gran Bretagna è insieme il Paese europeo incaricato di gestire la risoluzione Onu, e quello più contrario alla redistribuzione dei migranti in arrivo sulle coste italiane. Cameron ha ribadito che su questo punto non transige, ma sul resto è stato piuttosto disponibile. I due leader hanno concordato sulla necessità di pensare a soluzioni di lungo termine, che si basano principalmente su due pilastri: primo, il respingimento dei migranti economici irregolari; secondo, i programmi di «stickiness», ossia capaci di indurre le persone in partenza a restare in patria.



Su questo aspetto, Cameron e Renzi si sono quasi litigati la paternità dell’idea di creare campi di accoglienza in Niger e Tunisia, per intercettare i migranti e filtrarli prima dell’arrivo in Libia, dove diventano facili prede dei trafficanti. Ne avevano parlato a Londra l’ottobre scorso, ne hanno discusso ancora, sperando di convincere la Commissione europea a usare gli stessi fondi dell’Unione per questo genere di interventi che costruirebbero un canale legale di immigrazione.



Londra era più scettica sul lancio della prima fase di «Eunavfor Med», perché da una parte si rendeva conto che i ministri degli Esteri non potevano trovarsi a Bruxelles, e uscire ancora dalla riunione senza nulla, ma dall’altra temeva che l’inizio della missione complicasse la mediazione dell’inviato dell’Onu Leon. Infatti il governo di Tobruk ha già avvertito che se le navi europee violeranno le sue acque territoriali, sparerà.



Gli Stati Uniti alla finestra
Anche gli americani hanno mostrato grande attenzione per l’intervento di stabilizzazione che l’Italia vorrebbe lanciare, al punto che a metà giugno hanno programmato un vertice fra dipartimento di Stato, Pentagono e Africom, per valutare i contributi militari che potrebbero offrire. Però la mediazione in corso per creare un governo di unità nazionale resta la speranza più importante per tutti, visto che qualche segnale positivo comincia a venire. L’incontro fra le parti avvenuto a Berlino dopo il G7 di Garmisch ha dato qualche frutto, anche perché il boicottaggio da parte di Tobruk ha indotto gli altri a diventare più malleabili. I combattimenti negli ultimi tempi sono diminuiti, e ormai tanto Tripoli, quanto Tobruk, sembrano concentrate soprattutto ad attaccare il nemico comune Isis.



In questo quadro, la presa di Sirte da parte dello Stato Islamico sarebbe solo frutto di una ritirata strategica, a cui le milizie di Misurata faranno seguire una controffensiva più strutturata. L’ostacolo resta l’atteggiamento dell’Egitto, che continua a fomentare Tobruk alla guerra, mentre Qatar ed Emirati hanno smesso di spingere i rispettivi protetti, cioè Tripoli e Tobruk, al conflitto, e hanno chiesto per fine giugno una riunione a Washington in cui discutere le prospettive del governo di unità nazionale anche con l’Italia. Il problema sono i tempi. Secondo le valutazioni dei diplomatici, un accordo non verrà realisticamente prima di due mesi, e nel frattempo la risoluzione voluta dall’Italia all’Onu resterà ferma.

Fonte: http://www.lastampa.it/2015/06/24/esteri/campi-profughi-in-niger-e-tunisia-per-fermare-lesodo-dalla-libia-Iitc8iS2OqDsQLT0FbLCKL/pagina.html

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