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mercoledì 29 luglio 2015

Libia, troppo vicina per dimenticare

Quattro nostri connazionali rapiti in Libia. Ma quali sono le strategie in atto sui vari fronti?
Tre giorni fa in Libia sono stati rapiti quattro italiani. Ma qual è la situazione in Libia? Proviamo ad adottare una lettura strategico militare.

Sul fronte occidentale la Tunisia sta erigendo un muro di 160 km da terminare entro fine anno. A prima vista potrebbe sembrare una provocazione o un'esagerazione ma è invece una strategia bellica applicata fin dai tempi antichi. Si chiama difesa di sbarramento ed i casi più noti sono il vallo di Adriano, il vallo Antoniniano, il fossatum Africae, la linea Maginot, in parte la linea Sigfrido, tutte barriere organizzate per difendere il territorio da invasioni endemiche e continue.

Qui c'è la cittadina di Sabratah, dove ha sede un centro di addestramento da cui sono partiti gli stragisti del Museo del Bardo e della spiaggia di Sousse ed è molto vicino a Mellitah, dove sono stati rapiti i quattro tecnici italiani. Ma da Mellitah parte anche il gasdotto Greenstream che alimenta fino al 12,5% del gas consumato in Italia che alimenta gran parte delle centrali elettriche nostrane oltre ai fornelli e i bruciatori dell'acqua calda.
Sul fronte orientale, l'Egitto ha inviato proprie truppe in appoggio a quelle del Governo riparato a Trobuk per evitare che i combattenti islamici arrivino ai propri confini. E' una difesa "avanzata", la più efficace perché si combatte in territorio altrui e si evita di distruggere il proprio territorio.
A sud opera la Legione Straniera Francese (di stanza in Corsica e nel mezzogiorno francese) e le truppe algerine. Nonostante lo spiegamento di forze però, i combattenti islamici, branca di Al Qaeda, avanzano, e dopo aver preso Derna e Sirte, sono proseguiti per alcune centinaia di chilometri.
Nel nostro quadro manca il fronte nord, cioè l'Italia la cui strategia è quella della difesa "elastica", ossia si attende che gli attacchi minacciati diventino concreti e si combatta nel cuore del nostro territorio, al contrario di quanto fanno francesi, algerini e egiziani. L'Italia infatti attende di avere il mandato ONU per agire alla testa di una missione contro i trafficanti di uomini. Ma al momento l'Europa sembra avere più orecchie verso la BCE che verso i suoi confini meridionali. Ma le minacce sono principalmente contro di noi per tre motivi: per il nostro passato coloniale, perché futuro capofila della eventuale cordata ONU e perché nella nostra penisola ha sede il principale obiettivo di tutti i movimenti islamici, lo Stato di Città del Vaticano. L'Islam fu fermato sotto le mura di Vienna nel 1666. Se avessero vinto loro, il passo successivo sarebbe stata la Repubblica di Venezia e poi Roma. Sono passati 250 anni ma la minaccia è ancora presente. Siamo sicuri che la difesa "elastica" sia la soluzione migliore? Gli ultimi ad applicarla furono gli Imperatori Romani nel IV / V secolo d.C. e sappiamo com'è andata a finire. Attualmente i nostri soldati sono impegnati in Afghanistan, Libano e alcuni distaccamenti in Iraq. Possiamo affidare la nostra sicurezza solamente all'Intelligence che proprio ieri ha preso un tunisino e un pakistano che progettavano attentati? O non sarebbe più opportuno un intervento diretto in Libia?
Quando faceva comodo agli interessi francesi, che spararono per primi contro Gheddafi, tutt'Europa faceva pressione al Governo Berlusconi, renitente ad intraprendere un'azione militare, perché inviasse l'aviazione assieme agli altri Paesi Europei. Oggi il Governo si disinteressa del problema come giustamente affermato ieri il Presidente della Repubblica. Che succederà domani?

Preso da: http://it.blastingnews.com/cronaca/2015/07/libia-troppo-vicina-per-dimenticare-00485453.html

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