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venerdì 21 agosto 2015

Crocefissi o annegati, l'inferno della Libia restituisce morti

15 agosto 2015 Robert Vignola

Quanta vittime dentro al solito barcone, mentre l'Isis fa strage a Sirte

Alfano lancia l'allarme, ma non ha idee su come fermare lo scempio in atto

È Ferragosto e i bagnanti schivano le nuvole della tempesta che la coda d’estate ha riservato all’Italia. Ma sul Mediterraneo spira soprattutto un vento di morte. È quello che giunge dalla Libia, dove al caos si è aggiunto il caos negli ultimi giorni. Da Sirte, in particolare: dapprima i bombardamenti dei seguaci dello Stato Islamico sui civili, poi l’assalto all’ospedale per fare scempio dei feriti della fazione avversaria. Infine la vendetta brutale e regalata alla platea mondiale attraverso gli account di internet: dodici vite che diventano cadaveri, e poi i loro cadaveri crocefissi. Non già più in Siria o nell’Iraq, terre che sono state pur culla di civiltà e che fino a 15 anni fa potevano pur sempre essere visitate con un viaggio di gruppo, prima di diventare nel ricettacolo di violenza e morte nel nostro immaginario. Ma dall’altra parte di quello stesso mare dove i bagnanti di Ferragosto, le loro famiglie, si bagnano. Meglio allora capire cosa succede su quel campo di attaglia così vicino. A Sirte si combatte, quindi, nel quartiere tre.
Ma prima i bombardamenti e poi le esecuzioni dicono che le tribù locali stanno avendo la peggio nello scontro con i miliziani che hanno giurato fedeltà all’Internazionale dei tagliagole. Logico che Dal premier libico Abdullah Al-Thinni arrivi l’accusa alla comunità internazionale di ignorare le violenze e le uccisioni perpetrate dall’Isis a Sirte e di tradire la Libia. In una dichiarazione pubblicata sulla pagina Facebook del governo di Tobruk, il primo ministro accusa lo Stato islamico di "genocidio", appellandosi alla comunità internazionale affinché aiuti la Libia a sbarazzarsi dei terroristi, criticando ancora una volta l’embargo imposto dal consiglio di Sicurezza dell’Onu sull’ingresso delle armi in Libia. Da quella stessa Libia intanto si riversano orde di vivi e di morti sulle coste siciliane. Dall’ultimo barcone, altre scene che rendono l’idea di un’umanità che ormai non vale più nulla. Almeno 40 stranieri sono morto in questa traversata, suggerita dall’ormai colpevole invito a partire fornito dalle operazioni alla Mare Nostrum. Le parole di Massimo Tozzi, comandante della nave Cigala Fulgosi della Marina che si è occupata dell’operazione di salvataggio, sono eloquenti: “Una scena a forte impatto emotivo, c’erano diversi cadaveri immersi in acqua, combustibile ed escrementi umani,questo il quadro che si è presentato ai nostri uomini quando sono saliti a bordo”. Da quell’inferno hanno ripescato 319 anime ancora vive e si apprestano a scaricarle in Italia. Tra loro, evidentemente, anche i carnefici. Tant’è. Parla Angelino Alfano, Ministro dell’Interno. “L’Italia è esposta alla minaccia terroristica ma combatte con i piedi sul terreno il terrorismo internazionale assieme agli altri Paesi. Paesi a rischio zero non esistono e noi, benché non ci siano segnali specifici di minacce concrete, abbiamo da tempo avviato un’azione di prevenzione che sta dando i suoi frutti”. I morti, decapitati, crocefissi o affogati, insomma aumentano ma il copione resta lo stesso. C’è però un barlume di lucidità. “La nuova tragedia di oggi non sarà l’ultima se non si risolve il problema della Libia. L’Italia fa fino in fondo il suo lavoro di grande democrazia, salvando vite umane. Ma sta pagando due volte il conto alla comunità internazionale, la prima l’ha pagato in Libia quando è finito il regine di Gheddafi e la seconda la sta pagando adesso sull’inerzia della comunità internazionale. La crisi libica - ha concluso Alfano - rappresenta un vulcano acceso davanti all’Europa”. Non sarà mandando le navi della Marina a raccogliere clandestini che lo si spegnerà. Speriamo che almeno questo Alfano lo abbia finalmente capito. È Ferragosto e i bagnanti schivano le nuvole della tempesta che la coda d’estate ha riservato all’Italia. Ma sul Mediterraneo spira soprattutto un vento di morte. È quello che giunge dalla Libia, dove al caos si è aggiunto il caos negli ultimi giorni. Da Sirte, in particolare: dapprima i bombardamenti dei seguaci dello Stato Islamico sui civili, poi l’assalto all’ospedale per fare scempio dei feriti della fazione avversaria. Infine la vendetta brutale e regalata alla platea mondiale attraverso gli account di internet: dodici vite che diventano cadaveri, e poi i loro cadaveri crocefissi.

Non già più in Siria o nell’Iraq, terre che sono state pur culla di civiltà e che fino a 15 anni fa potevano pur sempre essere visitate con un viaggio di gruppo, prima di diventare nel ricettacolo di violenza e morte nel nostro immaginario. Ma dall’altra parte di quello stesso mare dove i bagnanti di Ferragosto, le loro famiglie, si bagnano.

Meglio allora capire cosa succede su quel campo di attaglia così vicino. A Sirte si combatte, quindi, nel quartiere tre. Ma prima i bombardamenti e poi le esecuzioni dicono che le tribù locali stanno avendo la peggio nello scontro con i miliziani che hanno giurato fedeltà all’Internazionale dei tagliagole. Logico che Dal premier libico Abdullah Al-Thinni arrivi l’accusa alla comunità internazionale di ignorare le violenze e le uccisioni perpetrate dall’Isis a Sirte e di tradire la Libia. In una dichiarazione pubblicata sulla pagina Facebook del governo di Tobruk, il primo ministro accusa lo Stato islamico di "genocidio", appellandosi alla comunità internazionale affinché aiuti la Libia a sbarazzarsi dei terroristi, criticando ancora una volta l’embargo imposto dal consiglio di Sicurezza dell’Onu sull’ingresso delle armi in Libia.

Da quella stessa Libia intanto si riversano orde di vivi e di morti sulle coste siciliane. Dall’ultimo barcone, altre scene che rendono l’idea di un’umanità che ormai non vale più nulla. Almeno 40 stranieri sono morto in questa traversata, suggerita dall’ormai colpevole invito a partire fornito dalle operazioni alla Mare Nostrum. Le parole di Massimo Tozzi, comandante della nave Cigala Fulgosi della Marina che si è occupata dell’operazione di salvataggio, sono eloquenti: “Una scena a forte impatto emotivo, c’erano diversi cadaveri immersi in acqua, combustibile ed escrementi umani,questo il quadro che si è presentato ai nostri uomini quando sono saliti a bordo”. Da quell’inferno hanno ripescato 319 anime ancora vive e si apprestano a scaricarle in Italia. Tra loro, evidentemente, anche i carnefici, cioè gli scafisti.

Tant’è. Parla Angelino Alfano, Ministro dell’Interno. “L’Italia è esposta alla minaccia terroristica ma combatte con i piedi sul terreno il terrorismo internazionale assieme agli altri Paesi. Paesi a rischio zero non esistono e noi, benché non ci siano segnali specifici di minacce concrete, abbiamo da tempo avviato un’azione di prevenzione che sta dando i suoi frutti”. I morti, decapitati, crocefissi o affogati, insomma aumentano ma il copione resta lo stesso. C’è però un barlume di lucidità. “La nuova tragedia di oggi non sarà l’ultima se non si risolve il problema della Libia. L’Italia fa fino in fondo il suo lavoro di grande democrazia, salvando vite umane. Ma sta pagando due volte il conto alla comunità internazionale, la prima l’ha pagato in Libia quando è finito il regine di Gheddafi e la seconda la sta pagando adesso sull’inerzia della comunità internazionale. La crisi libica - ha concluso Alfano - rappresenta un vulcano acceso davanti all’Europa”. Non sarà mandando le navi della Marina a raccogliere clandestini che lo si spegnerà. Speriamo che almeno questo Alfano lo abbia finalmente capito.

Preso da: http://www.ilgiornaleditalia.org/news/cronaca/868491/Crocefissi-o-annegati--l-inferno.html

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