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venerdì 25 settembre 2015

"La Libia adesso vive sul traffico di migranti"

GUIDO RUOTOLO, DA ROMA
 20 settembre 2015


"La situazione sociale, politica ed economica della Libia è seriamente compromessa". C'è un report riservato della intelligence economica e degli analisti internazionali che analizza le prospettive della Libia e arriva alla conclusione che il Paese sempre di più sta diventando uno Stato contrabbandiero e criminale: "L'economia - è scritto nel documento - si alimenta con fondi provenienti dall'esterno e dalle attività illegali. Senza queste risorse l'economia e la finanza pubblica libica collasserebbero". E ipotizza, per la prima volta, che il fatturato del traffico di migranti dalla Libia verso l'Italia arrivi ormai a 500 milioni di dollari all'anno.
Nella storia della Libia di Gheddafi, Zuwarah, cittadina sul mare, a un centinaio di chilometri dal confine con la Tunisia, ha avuto un ruolo importante. Era il 1973 e il giovane colonnello Muhammad Gheddafi al potere da soli tre anni, da questo centro fece partire la sua rivoluzione culturale. Cambiò alcuni vertici del regime e tenne il primo discorso che avrebbe poi dato vita al primo tomo del Libro Verde, la costituzione libica, un mix di islamismo e socialismo.
Quarant'anni e passa dopo, Zuwarah è diventata la capitale dei contrabbandieri di "merce umana" e di tutto quello che si riesce a scambiare con la Tunisia. Pezzi interi di società si sono riconvertiti in attività contrabbandiere. Depositi, cantieri navali, capannoni per ospitare i migranti. E poi il reddito prodotto da queste attività, che ha sostituito quell'economia "del welfare petrolifero" dei tempi di Gheddafi con una economia predatoria: "La situazione fiscale e della bilancia dei pagamenti non è sostenibile nel medio periodo".
Queste sono ore decisive per la riuscita del negoziato di Bernardino Leon, delegato delle Nazioni Unite, tra le delegazioni del Parlamento di Tobruk e degli islamisti di Tripoli, partiti politici, tribù, milizie, personalità. Anche se venisse sottoscritta da tutti l'intesa, la strada per la pacificazione è tutta in salita: "Non è da escludere lo smembramento dello Stato nazionale - è la preoccupazione degli analisti autori del report riservato - a favore di una federazione". Il settore energetico nella Libia di Gheddafi rappresentava il 95% delle esportazioni, l'80% del Pil e il 100% delle entrate fiscali.
Prima della "primavera libica", la produzione era arrivata a un milione e seicentomila barili di petrolio al giorno, oggi a meno di mezzo milione al giorno. Il deficit di bilancio ha raggiunto il 50% del Pil e il disavanzo corrente nel 2014 è salito a 13 miliardi di dollari (-30% del Pil).
Dunque l'industria del traffico dei clandestini. La sua dimensione "sociale" rappresenta sicuramente un problema. Insomma, se fosse soltanto una questione "criminale", di trafficanti, di clan, la si affronterebbe dal punto di vista del contrasto criminale, attraverso le intercettazioni ambientali, i pedinamenti, gli arresti, la distruzione dei natanti. Ma ormai in Libia, il traffico ha assunto anche una valenza sociale, è diventato un pezzo dell' economia della sopravvivenza.
"I flussi migratori trovano nella Libia una base operativa (sia di smistamento sia di partenza) di primaria importanza". Il report ricorda che nel 2014 arrivarono in Italia 170.000 migranti di cui 141.000 dalla sola Libia. E quest'anno, fino al 30 giugno, ne sono arrivati 73.000, di cui 67.000 dalla sola Libia.
"Le informazioni raccolte dalle Procure - riportano gli 007 finanziari nel loro documento - indicano un costo medio per immigrato pari a 3.500 dollari. I costi sostenuti dai trafficanti per il trasporto degli immigrati con imbarcazioni provenienti dalla Libia sono stimati pari a non più del 10% dell'importo pagato da ciascun migrante (350 dollari), mentre un altro 10% è il costo che mediamente viene sopportato per ottenere compiacenza dalle milizie". In queste ore gli occhi sono tutti puntati su Tripoli e Tobruk. Per cogliere un segnale di una inversione di tendenza. Le cancellerie europee si augurano che si possa avviare presto un processo di stabilizzazione del Paese. Per sconfiggere il terrorismo islamista del Daesh e l'industria del contrabbando di merce umana. Speriamo che non sia soltanto un sogno.
 

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