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domenica 20 marzo 2016

Libia: con un decreto secretato l’Italia invia le forze speciali. Ecco cosa sta succedendo

di 14/3/2016


Due Governi e due Parlamenti, nessuno Stato. In mezzo 140 qabila (tribù in arabo) che raccolgono circa l’80% della popolazione, 230 milizie armate e, ovviamente, Daesh.
Da un lato il Governo di Tripoli, rappresentanza dei Fratelli Musulmani che riconosce il Parlamento eletto nel 2012 e ha come Premier Omar al Hasi; dall’altro quello di Tobruk, eletto nel giugno del 2014, guidato ad Abdullah al-Thani, riconosciuto dall’Onu e “protetto” da 110mila uomini armati, tra i quali figurano quelli dell’Esercito Nazionale Libico guidato dal generale Khalifa Haftar. In questo contesto, i numerosi tentativi di formare un Governo di Unità Nazionale continuano a fallire.
Un unico Paese che politicamente e militarmente assomiglia a una matrioska, spaccato in pezzi che via via diventano sempre più piccoli, fragili, pericolosi e in pericolo.

In questo inferno potrebbero arrivare a breve i 50 uomini delle forze speciali italiane appartenenti al 9° reggimento d’assalto paracadutisti Col Moschin (lo stesso reggimento che operò  a Bengasi tra il 2011 ed il 2012), che si andranno ad aggiungere ai 40 agenti dell’AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna, uno dei due organismi attivi dei servizi segreti) già operativi sul territorio attraverso tre team concentrati nella zona di Tripoli, molto vicino ai giacimenti petroliferi controllati da ENI di Mellita e Fezzan.
Dopo gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia, anche l’Italia sembra aver deciso di inviare i propri corpi speciali per cercare di sbloccare il caos libico. Il condizionale però è d’obbligo, dato che la decisione trapelata sulla stampa, farebbe capo a un decreto legge emanato lo scorso 10 febbraio e immediatamente secretato , all’interno del quale dovrebbero essere contenute le linee guida sulla missione in Libia.
Se però i giornali sembrano ormai dare per certa la presenza degli “effettivi”italiani a Tripoli, ciò che non è chiaro è come e soprattutto perché. 50 uomini (90 se si contano anche gli agenti dell’AISE già in loco) sicuramente non basteranno a sconfiggere e cacciare gli uomini di Al-Baghdadi, né a riportare alla normalità quello che ormai viene unanimemente considerato uno “Stato fallito”, né infine a proteggere gli interessi di ENI che continua ad estrarre, in regime di quasi-monopolio, gas e petrolio libico. Ricordiamo infatti che il 10% del greggio e il 6% del gas utilizzati in Italia vengono proprio dal Paese nordafricano.
Ciò che desta perplessità inoltre è il mancato coinvolgimento del nostro Parlamento nella decisione. Al netto dei parlamentari appartenenti al COPASIR (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, organo di controllo dei servizi segreti) nessuno è stato informato di nulla. Ad assumersi la responsabilità di questa scelta è stato Matteo Renzi, trasferendo nelle mani del DIS (organo di coordinamento dei servizi) e di Palazzo Chigi il comando delle operazioni.
Corpi speciali  italiani in Libia
Lo scorso 3 marzo, il Corriere della Sera e il Sole24Ore hanno pubblicato alcune indiscrezioni relative al decreto legge firmato da Matteo Renzi il 10 febbraio del 2016 che ”definisce le modalità operative e la linea di comando di quanto già definito, a livello legislativo, nel decreto missioni dello scorso anno”.
Il riferimento è alla legge n.198 del dicembre 2015 che all’articolo 7bis conferisce al Presidente del Consiglio, previo parere del COPASIR, la possibilità di emanare disposizioni “per l'adozione di misure di intelligence  di  contrasto, in situazioni di crisi o  di  emergenza all'estero che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione  di  cittadini italiani all'estero, con la cooperazione di forze speciali  della Difesa con i conseguenti assetti di supporto della Difesa stessa”. In queste situazioni dunque, non è previsto alcun passaggio parlamentare. Non sono Camera e Senato a decidere, come invece accadrebbe per un eventuale (futuro) conflitto bellico. Ecco spiegato il mancato parere del Parlamento.
In base alla stessa norma, le forze speciali militari, guidate dall’AISE, possono acquisire alcune garanzie appannaggio dei servizi segreti (ma non la licenza di uccidere come scritto dal quotidiano di Via Solferino, che come da noi spiegato in un precedente articolo sugli 007, non è assolutamente prevista) in situazioni che richiedono misure urgenti ed eccezionali. Da sottolineare che queste “garanzie” sono temporanee, vale a dire rimarranno valide solo per la durata della missione e verranno meno quando i militari torneranno ai reparti di origine.
Il DPCM di febbraio è composto da 5 articoli contenenti le linee guida che gli agenti dell’AISE dovranno seguire. A loro, e non ai loro diretti superiori né al ministro della Difesa, faranno capo le forze speciali che arriveranno in Libia. Come specificato dal Sole24Ore l’articolo 2 del suddetto decreto conferma quanto previsto dal precedente decreto missioni:
«il Presidente del Consiglio, in presenza di situazioni di gravi crisi all’estero che richiedano provvedimenti eccezionali, avvalendosi del DIS, possa autorizzare l’AISE ad adottare misure di contrasto e di intelligence anche con la collaborazione tecnica e operativa della forze speciali della Difesa».
La crisi libica sarebbe dunque quella situazione “di grave crisi” prevista dal decreto.
Forze speciali in Libia: quale sarà il loro ruolo?
Se è dunque chiaro quali siano i motivi alla base della scelta di Renzi (oltre alla guerra civile, la volontà di non voler lasciare le altre Nazioni occidentali a “spartirsi il bottino” in un Paese in cui l’Italia ha interessi economici tanto strategici quanto ingenti) e l’iter legislativo seguito, ciò che ad oggi desta qualche perplessità è il ruolo che i nostri corpi speciali avranno in Libia.
Sempre in base alle ultime indiscrezioni di stampa, i dettagli operativi della missione non sono ancora stati stabiliti. A farlo sarà una direttiva di attuazione del decreto che verrà emanata dal Presidente del Consiglio, rimanendo entro i parametri “di eccezionalità” previsti dal decreto allo scopo di rispettare quanto previsto dalla Costituzione.
Al livello teorico il loro ruolo potrebbe essere simile a quello delle altre forze impiegate dagli altri Paesi, vale a dire reperire informazioni, compiere missioni e seguire scopi molto diversi che spaziano dall’intelligence all’individuazione di soggetti da “fermare ad ogni costo”, monitorare obiettivi sensibili, fornire un “addestramento tattico” alle milizie locali allo scopo di prepararle al meglio per la lotta a Daesh. Su quest’ultimo punto va specificato però che l’esercito italiano non è proprio considerato il primo della classe nell’“anti-terrorismo”, a differenza di quello americano.
Per quanto riguarda la difesa degli interessi italiani invece, la situazione appare un po’ più complicata. 50 militari non sono sufficienti per vigilare sugli immensi impianti ENI, né sicuramente potranno fare qualcosa di incisivo sul traffico di migranti. Insomma alcuni dubbi, sulle funzioni di questi militari rimangono.

Preso da: http://it.ibtimes.com/libia-con-un-decreto-secretato-litalia-invia-le-forze-speciali-ecco-cosa-sta-succedendo-1442676#

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