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martedì 26 aprile 2016

Libia: pioggia di soldi e armi per il governo di Serraj

Via vai di ministri Ue a Tripoli. Mentre a Tobruk si vota per il governo di unità. Bruxelles mette sul piatto 100 mln. In cambio della missione di peacekeeping.

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19 Aprile 2016
Il ministro italiano Paolo Gentiloni ha fatto da apripista al corridoio di leader occidentali a Tripoli.
Sul piatto aiuti per il dopoguerra, concessioni per le estrazioni e un piano di peacekeeping per la stabilità, da far digerire piano piano ai libici.
Dopo il numero uno della Farnesina, primo membro di un governo dell’Ue a stringere la mano al neo premier di unità nazionale Fayyez al Serraj, sono arrivati gli omologhi agli Esteri di Francia e Germania.
EUROPA RIUNITA PER LA MISSIONE. L’ultimo della lista è il britannico Philip Hammond, a Tripoli nelle ore in cui nell'Est della Libia il Parlamento di Tobruk si è riunito per dire sì al governo di pacificazione: l'ultimo sì necessario ma intanto, fanno sapere dalla base navale di Abu Sittah, blindatissima, dove lavorano Serraj e i suoi vice, i primi tre ministri senza portafoglio saranno operativi.
In serata, in Lussemburgo, i ministri degli Esteri e della Difesa Ue sono attesi a una cena speciale per definire tempi e modalità di una missione internazionale di stabilizzazione in Libia (discussa e da discutere con il nuovo governo uscito dai negoziati dell'Onu), per la protezione degli obiettivi strategici e dei palazzi del potere, in sostegno e di training alle forze locali.

A TRIPOLI TORNANO I GOVERNI UE. «Il cerchio si chiude, una nuova pagina per la Libia», ci dicono da Tripoli che resta terreno di imboscate e scintille tra milizie. Ma senza una relativa sicurezza, il capo negoziatore dell'Onu Martin Kobler non avrebbe poi potuto, come ha annunciato, riaprire la sede diplomatica e lavorare nella capitale. Né Gentiloni, Hammond, i colleghi Jean-Marc Ayrault e Frank-Walter Steinmeier del duo franco-tedesco sarebbero potuti atterrare all'aeroporto Mitiga e attraversare Tripoli.
Come l'Italia, Gran Bretagna, Francia e Germania si muovono per riaprire le ambasciate, sulla Libia non si ostentava un tale ottimismo dalla guerra a Muammar Gheddafi del 2011.

Armi e training degli occidentali anche agli islamisti

I ministri degli Esteri francese e tedesco in visita in Libia.
(© Getty Images) I ministri degli Esteri francese e tedesco in visita in Libia.

A Tobruk la seduta per votare le modifiche costituzionali e trasformarsi in un’assemblea legislativa accettata anche dagli islamisti di Tripoli (non più solo dalla comunità internazionale) potrebbe non chiudersi con il via libera a Serraj.
L'affluenza dei deputati rientrati, anche dall'estero, per votare è alta ma si hanno notizie di litigi tra i gruppi più intransigenti. Kobler è volato nella cittadina della Cirenaica per mediare, ma l'approvazione potrebbe slittare alla prossima settimana.
A Tripoli la pax tra milizie è di conseguenza fragile e il nervosismo fa riaccendere gli scontri: si può finire come due delle guardie del vice di Serraj, Ahmed Majtig, impallinate dai miliziani di uno dei tanti signori della guerra.
GLI AGGUATI A TRIPOLI. Il brutto episodio può essere la rappresaglia di una fronda degli islamisti dell’ex governo di Tripoli contraria all'accordo: l’assalto è stato attribuito alla Brigata rivoluzionaria dei salafiti, che poi ha smentito.
O anche un avvertimento: le milizie islamiste della coalizione Alba libica stanno buone nella capitale perché i vertici di Misurata hanno dichiarato sostegno a Serraj, sperando di riavere il prima possibile indietro i fondi congelati dal nuovo governo, in accordo con la Banca centrale libica, verso gli enti pubblici.
Come da accordi il loro parlamento (Congresso nazionale) si è sciolto e ribattezzato Consiglio di Stato, senza potere legislativo, ma con un comunicato ha pressato il governo di unità nazionale a sbloccare i pagamenti.
I 12 MLN DEGLI INGLESI. L'impasse a Tobruk è pericolosa, ma i malumori dei signori della guerra non fermano il via vai degli interlocutori stranieri: la transizione procede di pari passo con le promesse.
L'inglese Hammond, per esempio, ha portato in dote a Serraj 12 milioni e mezzo di euro di finanziamenti, per il contrasto al traffico di migranti, le attività di contro-terrorismo e gli investimenti per la ricostruzione, in cambio di appalti e concessioni alle compagnie petrolifere di bandiera.
È il segreto di Pulcinella poi che, negli ultimi mesi, inglesi, francesi e americani abbiano iniziato a finanziare e addestrare anche le milizie islamiste di Tripoli e Misurata. Oltre che le forze di Tobruk.

L'Ue e gli inglesi promettono milioni di euro di investimenti

Anche il ministro degli Esteri britannico Hammond a Tripoli.
(© Getty Images) Anche il ministro degli Esteri britannico Hammond a Tripoli.

Nella capitale libica sono comparse le prime teste di cuoio, la polizia comincia a ingranare.
Le intelligence americane e inglesi starebbero anche dispensando fondi cash alle milizie, per farle litigare e surriscaldare per la mancanza di soldi del petrolio attraverso la Banca centrale.
Decine di unità d'intelligence occidentali sono già sul posto, oltre un centinaio per Stato, e «da parte loro c'è disponibilità immediata a partire con armi e training dichiarato», dicono le fonti riservate a Lettera43.it.
Per la ricostituzione dell'esercito sarà preziosa anche parte del personale della vecchia Libyan army: per i due governi rivali di Tripoli e Tobruk riabilitarlo era un tabù, ma ora in ballo ci sono l'Onu e sostanziosi finanziamenti allo sviluppo.
100 MLN IN DOTE DALL'UE. Da una bozza dell'Ue vista dall'agenzia Reuters, Bruxelles avrebbe in serbo per Serraj un pacchetto di aiuti economici e umanitari da 100 milioni di euro: fondi che includono il training alla polizia, alla guardia costiere e per combattere gli estremisti. Se sarà loro lasciata la sovranità nazionale, le milizie non escludono un «sì alla Nato o a singoli Stati, a raid limitati in sostegno, contro l'Isis».
Gli occidentali - in particolar modo Stati Uniti e Gran Bretagna - spingono per un contingente di peacekeeping dell'Onu tra i 4 mila e i 6 mila uomini, con 1.000 inglesi e coordinato dall'Italia, in difesa dei luoghi sensibili, innanzitutto della capitale.
UN COMPROMESSO NAZIONALE. Ma l'Italia, e in generale l'Ue, ci vanno piano: «I libici non vogliono sentir parlare di stivali a terra stranieri, non vogliono trovarsi i fucili puntati degli stranieri». La penetrazione, attraverso il placet di Serraj e delle milizie, sarà graduale.
Il piano dell'Onu punta a integrare nel nuovo esercito le milizie che controllano i Comuni e i rami dei due parlamenti, «il dialogo politico coinvolge anche i ras locali di Ansar al Sharia che occupano parte di Bengasi ed esercitano influenza in altre città a tradizione islamista». Si vogliono ricompattare tutti i libici «contro i combattenti stranieri dell'Isis». Il potere giudiziario andrebbe invece agli «alti profili dell'opposizione che sotto il regime di Gheddafi si sono battevano per i diritti umani». QUESTA è BELLA......................


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