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giovedì 2 giugno 2016

La vedova di Salvo Failla: "Grazie a Renzi mio marito tornò dalla Libia in una bara"

La vedova di Salvo Failla, uno dei due italiani rapiti e uccisi tre mesi fa, accusa il governo: sbagliò tutto e ci ha dimenticati

 
Rosalba Castro è la vedova di Salvatore Failla ucciso in Libia assieme ad un altro ostaggio italiano, Fausto Piano, ai primi di marzo. Altri due connazionali rapiti sono sopravvissuti. In quest'intervista esclusiva al Giornale lancia, senza peli sulla lingua, pesanti, ma legittime accuse al presidente del Consiglio Matteo Renzi.
 
 
E rivela lati oscuri del sequestro oltre alla scandalosa trattativa per riavere il corpo del consorte.

Sono passati quasi tre mesi dall'uccisione di suo marito e dell'altro ostaggio italiano. Il vostro caso è stato dimenticato?
«Questo caso è stato dimenticato fin dal 20 luglio dello scorso anno quando li hanno rapiti. Se qualcuno se ne fosse occupato seriamente mio marito e Fausto non sarebbero stati uccisi».
Cosa intende dire?
«Il governo non ha voluto trattare, come è stato fatto in tanti altri rapimenti. I criminali che tenevano mio marito e gli altri ostaggi erano pronti a negoziare, ma il governo gli ha chiuso la porta in faccia. Durante gli otto mesi di sequestro le poche volte che i funzionari della Farnesina mi hanno parlato di qualche spiraglio sostenevano che il gruppo non era stabile e per questo motivo la trattativa non andava a buon fine. Due ostaggi, però, sono ritornati. E altri due sono stati uccisi».
Si è fatta un'idea su chi fossero i sequestratori?
«La Farnesina mi diceva sempre che erano criminali comuni, di stare tranquilli, che non erano cattivi e che trattavano bene gli ostaggi. Invece erano dei tunisini dell'Isis».
Perché il governo ha sempre negato che erano terroristi?
«Perché sotto c'è qualcosa di grosso che il governo non vuole farci sapere. Durante il sequestro i rapitori hanno scattato delle foto oltre a girare un video e fatta una registrazione della voce degli ostaggi. Voglio vederli».
Il presidente del Consiglio ha ammesso di essere stato informato prima dagli americani del raid aereo su Sabrata contro l'Isis, che ha fatto precipitare la situazione. Cosa ne pensa?
«Grazie a Matteo Renzi mio marito è tornato in una bara. Il bombardamento non doveva essere avallato dal governo italiano. Subito dopo il raid ho chiamato la Farnesina. Mi hanno assicurato che mio marito e gli altri erano molto distanti dal luogo dell'attacco, altrimenti non lo avrebbero permesso. E invece non era così. Io me lo sentivo che Salvo era proprio a Sabrata. Il governo è responsabile di quello che è accaduto».
Cosa sa con certezza del rapimento?
«Mio marito aveva un volo da Catania a Roma, poi Malta e Tunisia, a Djerba. Salvo avrebbe dovuto pernottare, con gli altri tre, in un albergo già prenotato e mettersi in viaggio la mattina presto del giorno dopo. Il responsabile della logistica, Dennis Morson, ha telefonato, quando ancora erano a Malta, per cambiare repentinamente programma. Atterrati in Tunisia sarebbero stati prelevati dall'autista per mettersi subito in viaggio. Un cambio di programma molto strano. Gino Pollicardo (uno degli ostaggi sopravvissuti, nda) mi ha raccontato che subito dopo essere partiti dalla Tunisia l'autista faceva una telefonata dopo l'altra ed era nervoso. Evidentemente chiamava i rapitori ai quali doveva consegnare gli italiani. È chiaro che era colluso. È stato lui a venderli e adesso l'hanno arrestato, ma l'autista è stato mandato da chi ha cambiato il programma. Morson non si può permettere di dichiarare che mio marito si è messo in viaggio perché non voleva aspettare la nave. Non è vero».
Lei ha reso pubblica la voce registrata di suo marito, che i rapitori le hanno fatto sentire al telefono. Ha avuto altri contatti?
«Dai sequestratori ho ricevuto tantissime chiamate, giorno e notte. Cercavano di fare pressioni su di me, ma ogni volta passavo l'informazione alla Farnesina, che sapeva bene da che numero mi chiamavano. A cosa è servito? Da Roma mi avevano ordinato di non rispondere più alle telefonate».
Due ostaggi sono tornati a casa e due sono stati uccisi. Cosa è andato storto?
«Voglio scoprirlo. Gli ostaggi sopravvissuti sembrano ripetere un copione al quale non credo. Qualcuno li ha imbeccati o imposto di dire sempre le stesse cose». (Leggi la replica di Gino Pollicaro)
Lei ha trovato il video (erano uscite solo le foto) dell'agguato a suo marito e l'altro ostaggio. Cosa ne pensa?
«Non credo all'imboscata dei miliziani di Sabrata. Secondo me è una specie di montatura (guarda il video). Se ci fosse stato uno scontro a fuoco la macchina blu degli ostaggi avrebbe qualche foro di proiettile. È intatta con le porte aperte ed il cofano alzato. Probabilmente sono stati utilizzati come scudi umani. Penso che siano stati giustiziati dai rapitori. Esiste anche un altro video che mostra i corpi di Salvo e Fausto, in una stanza, assieme a diversi cadaveri. Mio marito è in canottiera, non più in tuta come nelle immagini girate nel deserto, con una pozza di sangue dietro la testa. Ma quando li hanno ammazzati?».
Le risulta che sia stato pagato un riscatto?
«Una parte del riscatto credo sia stato pagato, altrimenti nemmeno i due ostaggi sopravvissuti tornavano a casa. Si dice che i soldi fossero in una della macchine del convoglio che portava mio marito e Fausto. Qualcuno, che non è stato ammazzato, li ha presi».
Ha più sentito la Farnesina o rappresentanti del governo?
«Da quando siamo ripartiti da Roma con la bara di mio marito, il 10 marzo, nessuno mi ha chiamato. Anche solo per chiedermi sei viva o ti sei ammazzata?. La Farnesina ha fornito un supporto psicologico, ma sul rapimento mi hanno detto solo bugie. Voglio la verità. Mi auguro che almeno il magistrato faccia luce con l'inchiesta nel rispetto di Salvo e di Fausto. Il governo italiano mi aveva promesso chiarimenti e spiegazioni. Dopo tre mesi sto ancora aspettando».
Cosa non rifarebbe nei lunghi mesi del sequestro?
«Credere al governo italiano. La Farnesina ci raccomandava il massimo riserbo altrimenti sostenevano che si metteva a rischio la vita di Salvo e di chi operava sul posto per liberarlo. Il silenzio stampa è servito solo al governo italiano, così noi non esercitavamo pressioni. Il risultato si è visto».
Un risvolto di questa storia che vuole rivelare?
«In Libia per sette giorni hanno sequestrato mio marito da morto. La Farnesina mi ha detto che stavano trattando per portarlo via da Sabrata. Gli ho chiesto che cosa state trattando? Non lo potevate fare prima da vivo?. E poi ho detto all'interlocutore del ministero degli Esteri: Volete pagarli ora da morti?. Non mi ha risposto. Credo che qualcosa lo Stato ha dato in cambio o pagato. Hanno negoziato per avere mio marito da morto, quando non sono stati capaci di farlo da vivo. È uno schifo».
Il primo maggio è stato dedicato a Giulio Regeni, ma non una parola sui due lavoratori italiani uccisi in Libia. Suo marito è un morto di serie B?
«L'ho sentito Renzi che per la festa dei lavoratori parlava di Regeni. Mio marito non è un morto di serie B, ma di serie C. Non solo per come è stato gestito tutto il sequestro, ma anche per averlo completamente dimenticato dopo. È giusto ricordare chi muore tragicamente all'estero, ma non solo uno. Gli altri chi sono: nessuno?».

Preso da: http://www.ilgiornale.it/news/grazie-renzi-mio-marito-torn-libia-bara-1264123.html
 

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