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giovedì 2 marzo 2017

Libia, la cellula tunisina guida la riscossa dell’Isis

Dopo la fuga da Sirte, i jihadisti si riorganizzano a Sud e nell’Ovest. Patto con Al Qaeda , sabotaggi e guerriglia per minare la sicurezza
AFP
Truppe fedeli al governo di unità nazionale guidato dal premier Fayez al-Sarraj durante l’assalto a Sirte lo scorso novembre. Dal 2015 la città era in mano agli jihadisti dello Stato islamico, che ora si sono ritirati sulle montagne nell’entroterra della Libia

23/2/2017
tripoli
Ritirata nell’entroterra, infiltrazione di traffici illeciti, attentati circoscritti e rimescolamento con Al Qaeda. Dopo la caduta di Sirte lo Stato islamico in Libia ha cambiato strategia luoghi e forse pelle. Il 18 gennaio scorso caccia americani B-2, sotto la regia di Africom e in cooperazione col Governo di accordo nazionale, hanno bombardato un campo di addestramento a 45 km a Sud-Ovest di Sirte uccidendo almeno 85 terroristi dell’Isis. È stata la prima azione dopo i quattro mesi di raid sulla capitale del Califfato nero nel Maghreb, capitolata la quale i terroristi di Abu Bakr al-Baghdadi sono fuggiti a Sud, nelle aree di Bani Walid, Skhir, Ghariyat, Ghirza, alterando sembianze e spostandosi da un luogo all’altro per non essere individuati. Tra loro c’è una prevalenza dei soliti tunisini, poi algerini, yemeniti, sauditi, bahreiniti (attenzione a questa componente), anche europei, e per quanto riguarda l’Africa somali, nigeriani, chadiani, e infine alcuni elementi cinesi particolarmente esperti nell’uso di esplosivi.



Ritirata nell’entroterra
A spiegare tali dinamiche è il colonnello Ibrahim Beitelmal, dirigente del Consiglio Militare di Misurata e responsabile di primo piano nella battaglia di Sirte, che contattiamo grazie ad Agenfor International, Ong attiva sul terreno nel campo della sicurezza partecipata. Spiega che nelle località desertiche di Ghirza e di Zellah, oltre alla presenza di mercenari sudanesi del Justice and Equality Party (formazione del Darfur legata a Gheddafi e ora attiva nel Sud-Est libico) trovano rifugio i transfughi del califfato. «In queste aree, e nelle aree prossime a Zellah in particolare, l’Isis organizza posti di blocco a sorpresa, allo scopo di depredare e terrorizzare, o imporre dazi». A Bani Walid i militanti sono tra i 150 e i 200, si sono riciclati in numerosi traffici illegali, dal petrolio al riso al grano, e hanno organizzato campi di addestramento da dove partono per compiere imboscate o attentati con ordigni rudimentali in particolare nel tratto di costa tra Abugrein e Sirte. L’Isis inoltre sequestra dottori ed infermieri indiani, filippini o pachistani costretti a lavorare per loro. «Bani Walid è una regione difficile, montagnosa, con grotte e valli impervie, e a volte abbiamo notizia di una residua presenza Isis nella regione, ma sempre in forma ridotta: gruppuscoli. Come quelli che si sono creati in località isolate nell’estremo meridione. Per le province di Sebha la presenza della Terza Forza di Misurata e di militanti rivoluzionari impediranno ogni assembramento, così come a Jufra e Sokhna».


Una nuova leadership?
La vecchia guardia è stata decimata a Sirte anche se - per motivi di sicurezza - le morti illustri non sono state pubblicizzate. «Non riteniamo ci sia ora qualcosa come un nuovo Amir (capo) in Libia», ma ci potrebbero essere sopravvissuti tra i sette «senatori» della «cupola tunisina», i fedelissimi di Moez Fezzani (l’Abu Nassim catturato in Sudan). Essid Sami Ben Khemais e Bouchoucha Moktar, forse, due conoscenze delle procure italiane. Un altro personaggio di spicco, Khaled Al-Amari, è stato catturato da Haftar, mentre fuggiva con munizioni, armi e borse piene di contanti. Un punto di riferimento per gli esuli di Sirte potrebbe essere Turki al-Binali, originario del Bahrein (ecco la presenza di connazionali), formato nel pantheon di Al Qaeda, capo mufti del Califfato e del dipartimento di «Ricerca e Fatwa», autore di un pamphlets sul «perché è giusto violentare le schiave yazide». È un maestro nel reclutare e organizzatore campi di addestramento. Graviterebbe tra Siria e Libia dove esordì già nel 2013 per guidare l’anticrociata nel «Wilayat», la provincia maghrebina.

La prossima strategia
«Dopo aver fallito a Sabratha, Derna e Sirte, e aver perso moltissimi militanti, non investiranno ancora sul controllo del territorio in Libia». Piuttosto si riproporranno come «guastatori» con azioni mirate, in attesa di capire se riprendere il progetto di approdare e attaccare in Europa. Non è esclusa l’opzione «camaleontica». La caduta di Sirte ha ridato vigore - riferiscono altre fonti – ad Al Qaeda nella regione. Aqim in Algeria ha iniziato il «Munasahah», la «riabilitazione» di ex Isis via sms e cooptando già almeno dieci bandiere nere. Fazioni pro-Isis delle montagne della Tunisia occidentale hanno aderito a Katibat Uqba ibn Nafi (Kuin), la filiale tunisina de La Base. La stessa cosa potrebbe accadere all’Isis libica e, in questo senso, gli ex qaedisti Ben Khemais e Moktar potrebbero agevolare la metamorfosi.

Lotta e prevenzione
Con Delibera numero 9 del 2017 il Comandante Supremo dell’Esercito Libico ha creato la nuova Forza Anti-Terrorismo, nominandone capo il Generale Mahmoud Mohammed Al-Zayn. È una cabina di regia «formata prevalentemente da elementi che hanno preso parte all’operazione Al Bunyan Al Marsus a Sirte contro Isis, e tali forze riceveranno un addestramento speciale sia in Libia che altrove». Le attività saranno di intelligence, prevenzione, e operazioni speciali con interventi decisivi a contrasto di azioni terroristiche improvvise in scenari ostili e imprevedibili.

Preso da: http://www.lastampa.it/2017/02/23/esteri/libia-la-cellula-tunisina-guida-la-riscossa-dellisis-bQyNzOHeOR1HZtm8steDFO/pagina.html

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