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giovedì 14 settembre 2017

Libia, il patto che "regala immunità ai contrabbandieri" a danno dei migranti

Quali sono i costi sociali ed umani del patto tra Roma e Tripoli? Chi sono gli attori in gioco? E, davvero, non esiste un’alternativa possibile all’esternalizzazione delle frontiere? Lo abbiamo chiesto a Mattia Toaldo, analista dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr) di Londra


08 settembre 2017
ROMA – L’ultima denuncia arriva dalla presidente internazionale dell'ong Medici Senza Frontiere (Msf) Joanne Liu. In una lettera aperta al presidende del Consiglio, Paolo Gentiloni, Liu parla chiaramente di“ipocrisia” e di “business criminale” dietro l’operazione italiana di frenare le partenze dalla Libia. Ma quali sono i costi sociali ed umani del patto tra Roma e Tripoli? Chi sono gli attori in gioco? E, davvero, non esiste un’alternativa possibile all’esternalizzazione delle frontiere? Lo abbiamo chiesto a Mattia Toaldo, analista dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr) di Londra ed esperto di Libia.

Toaldo, partiamo dall’incontro di lunedì scorso, tra il ministro Marco Minniti e il generale Khalifa Haftar. Che cosa significa e quali conseguenze avrà?Innanzitutto è stupefacente che questa visita la faccia il ministro dell’Interno italiano, e non per esempio quello degli Esteri o della Difesa. Ovviamente questo creerà una domanda in Libia: con chi dobbiamo parlare? L’altra questione è che si sia scelto di incontrare un’ autorità non riconosciuta da tutti. Più in generale la visita di Minniti conferma che ci si sta muovendo in due direzioni: quella di mantenere buoni rapporti con l’Egitto e quella di portare avanti l’agenda immigrazione. Non è un caso che ci sia stato poco prima il ritorno dell’ambasciatore Cantini al Cairo, che il ministro Alfano abbia parlato in merito al caso Regeni e che nelle ultime settimane non si trovino più dichiarazioni di Haftar contro l’Italia, quando fino a un mese fa la minaccia era quella di sparare addosso alle navi. E’ chiaro che a Roma è prevalsa la linea Minniti, che sul fronte immigrazione ha l’obiettivo di frenare le partenze ed esternalizzare le frontiere. E l’incontro con Haftar serve ad assicurare che i flussi bloccati sulla costa ovest della Libia non partano dalla costa est.
Il piano per bloccare le partenze verso il nostro paese che costi reali ha?Si parla di soldi italiani dati alle milizie libiche. Ma più in generale si vede uno scambio: il blocco delle partenze da un lato, l’immunità e le armi dall’altro. Nello specifico, l’immunità vuol dire potersi dedicare ad altri traffici. I grossi contrabbandieri si dedicano all’immigrazione irregolare come un’attività tra le altre. Tra queste c’è il contrabbando di benzina sussidiata, che costa 3 centesimi al litro in Libia, e viene rivenduta in Tunisia, a Malta e in Sicilia a costi molto più alti. C’è la speculazione sulla valuta: sostanzialmente i trafficanti ottengono euro dalla banca centrale con la scusa di importare beni dall’estero, ne importano una quantità ridotta, le fatture vengono gonfiate e le eccedenze di euro vengono scambiate al mercato nero. Un terzo settore più pericoloso è quello delle armi e della droga. Quando un capo milizia dichiara al Times di Londra di aver ricevuto “immunita’” dallo scambio con gli italiani, questo vuol dire che nessuno perseguirà questi traffici in cambio di un blocco delle partenze?
Ma è pensabile che si riesca davvero a fermare il flusso dalla Libia, o si apriranno nuove rotte?In parte una piccola parte delle partenze si potrebbe spostare a est di Tripoli, ma qui non ci sono le infrastrutture e i grandi contrabbandieri che ci sono ad ovest. E’ più probabile che si crei un sistema secondo il quale i contrabbandieri trovano altre fonti di guadagno nei settori che abbiamo prima ricordato, e capiscano che la migliore garanzia per loro è bloccare i barconi. E’ la loro pistola puntata contro l’Italia. Inoltre, non va trascurato che i centri di detenzione sono essi stessi una fonte di guadagno per le milizie, indipendentemente dal fatto che poi i migranti vadano o no in Europa. Questo perché il migrante viene liberato solo dietro il pagamento di un riscatto. Quindi l’ aumento dei migranti nei centri di detenzione crea un bacino di schiavitù per i gruppi criminali che prima era meno stabile.
Il ministro dell’Interno italiano continua a dire che “i diritti umani saranno rispettati”, ma è possibile in un contesto come la Libia?Sarei altrettanto credibile io se dicessi che sono felice tornare al lavoro dopo le ferie. Il sistema dei centri di detenzione in Libia è in mano a organizzazioni mafiose. E’ come dire che la mafia accetta di rispettare i diritti umani. Anche il fatto di dire che si faranno centri di accoglienza in Libia è una dichiarazione che serve solo a giustificare questi che nei fatti sono respingimenti e trattenimenti forzati. La Libia non ha ratificato la convenzione di Ginevra e all’interno dei centri sono stati documentati abusi.
L’esternalizzazione delle frontiere viene presentata come l’unica via per mettere fine ai viaggi in mare verso il nostro paese. Ma esiste un’alternativa possibile al blocco dei migranti in Libia?Sì, era possibile una politica alternativa basata su due canali: il primo riguarda i richiedenti asilo ed è già stato messo a disposizione dall’Unhcr con l’utilizzo del programma di resettlement già portato avanti negli Usa, in Canada e in Australia. I rifugiati vengono selezionati sulla base di alcuni standard nei centri vicini al paese di origine per poter poi raggiungere altri paesi in maniera legale. Questo piano è stato presentato a Tunisi a luglio, e parla di 20 mila persone in tutta l’Ue, un numero sicuramente sostenibile. Il secondo canale riguarda i migranti cosiddetti economici e prevede uno scambio con i paese d’origine, basato sui rimpatri per gli irregolari in cambio di visti per i regolari. Con questo sistema, per esempio, l’Italia avrebbe avuto in totale meno migranti e avrebbe potuto dire non accettiamo più chi viene irregolarmente attraverso il Mediterraneo, perché ci sono canali legali. Oggi, invece, il sistema che condiziona tutta la nostra politica nel Mediterraneo verte solo sul fatto di tenere bloccate le coste libiche. (Eleonora Camilli)
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