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lunedì 20 novembre 2017

Haftar, Gheddafi, Salamé: tre uomini chiave per una Libia unita

Il generale che comanda la Cirenaica, il figlio dell'ex rais Saif Al Islam e il nuovo inviato ONU ed ex ministro libanese, potrebbero essere decisivi per una svolta unitaria del paese.

27 giugno 2017 i Alfredo Mantici


Sabato 24 giugno un nuovo tassello si è aggiunto al disegno del generale Khalifa Haftar di conquistare il controllo completo della Libia orientale con l’occupazione pressoché totale della città di Bengasi. Le truppe della Lybian National Army al suo comando, dopo tre anni di dura lotta hanno conquistato il quartiere di Souq Al Hout, una delle ultime posizioni tenute dalla Benghazi Defence Brigade, una milizia islamista che, con l’appoggio finanziario del Qatar, era riuscita nel 2014 ad assumere il controllo della città da cui era partita la alsa rivolta contro Muhammar Gheddafi nel 2011.

La sconfitta degli islamisti di Bengasi probabilmente non è estranea al blocco totale imposto dall’Arabia Saudita, dagli stati del Golfo e dall’Egitto all’Emirato del Qatar, accusato non solo di sostenere il terrorismo islamista e gli estremisti della Fratellanza Musulmana in Nord Africa e Medio Oriente, ma anche di intrattenere ambigui rapporti di cooperazione con il regime sciita degli ayatollah iraniani.

Da due settimane, da quando cioè è stato imposto il blocco a Doha, tutti i flussi di finanziamento clandestino e di sostegno logistico alle milizie che in Libia, Siria e Iraq lottano per l’affermazione del Califfato islamico si sono interrotti. La perdita di Bengasi è una delle prime e più vistose conseguenze di ciò, visto che il generale è alleato privilegiato dell’Egitto del presidente Al Sisi, tra i principali attori regionali della guerra all’Islam salafita e uno degli ispiratori dell’offensiva diplomatico-commerciale contro il Qatar.

Mentre Haftar consolida il suo controllo sulla regione, in nome e per conto della House of Representatives di Tobruk, il parlamento della Cirenaica si ostina a non considerare legittimo il governo retto da Tripoli da Fajez Al Serraj. In questa impasse, le Nazioni Unite hanno deciso di nominare un nuovo inviato speciale nel paese, nel tentativo di dare nuovo impulso al processo di riunificazione delle fazioni che continuano una guerra civile di “bassa intensità” per assumere il pieno controllo della Libia.

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(l’ex inviato ONU in Libia, Martin Kobler)


Ancora un nuovo inviato ONU, Salamè sostituisce Kobler

Il 20 giugno, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha nominato l’ex ministro della cultura libanese, Ghassan Salamè, nuovo incaricato speciale per la Libia, in sostituzione del tedesco Martin Kobler. Kobler era in carica da due anni, da quando era stato chiamato a subentrare allo spagnolo Bernardino Leon che si era distinto, in negativo, per la sua totale incapacità di affrontare in modo coerente e razionale la situazione di caos in cui la Libia era precipitata dopo la sanguinosa defenestrazione di Gheddafi.

Nel tentativo di dare una svolta positiva alla situazione libica, nel dicembre del 2015 Kobler aveva puntato tutto sulla formazione di un “Governo di Accordo Nazionale” diretto da Fayez Al Serraj sotto la supervisione delle Nazioni Unite. L’esperimento è fallito: la soluzione imposta dall’alto dal Palazzo di Vetro non è stata accettata dalla stragrande maggioranza delle forze in campo e Serraj, sbarcato a Tripoli nel marzo del 2016, non è riuscito neanche ad acquisire il controllo completo della capitale, dove la sua autorità viene quotidianamente messa in discussione dalle milizie di Alba Libica, la fazione islamista agli ordini del “premier” della Tripolitania, Khalifa Gwell.

Serraj, nel tentativo di riaffermare la sua autorità, il 22 giugno ha nominato i comandanti militari di due delle tre aree in cui è stato suddiviso il Paese. Il generale Osama Al Jawili comanderà la zona occidentale, mentre al suo collega Mohammed Al Hadad andrà il comando dell’area centrale. Nessun generale è stato nominato invece comandante dell’aera Est, dove detta legge esclusivamente la Libyan National Army di Haftar.

Si tratta, comunque, di comandi puramente teorici, perché Al Serraj non dispone di forze sufficienti per eliminare le milizie islamiste, le forze tribali e la LNA né l’autorità politica per ricondurre queste agguerrite formazioni militari sotto il suo controllo.

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(Saif Al Islam Gheddafi con i suoi rapitori all’aeroporto diAwbari, nel Fezzan)

Il ruolo del figlio di Gheddafi

La situazione del “Governo di Accordo Nazionale” di Tripoli si è fatta ancora più precaria dopo la liberazione dal carcere in cui era detenuto fin dal 2011 di uno dei figli del dittatore Gheddafi, Saif Al Islam. Il figlio del colonnello era sotto il controllo di una milizia della Tripolitania, area teoricamente sotto la giurisdizione del governo di Al Serraj, ed è stato liberato l’11 giugno a seguito di un’amnistia decretata dalla House of Representatives di Tobruk, il parlamento della Cirenaica che finora si è rifiutato di riconoscere il governo imposto dall’ONU.

Saif Al Islam Gheddafi gode ancora dell’appoggio delle tribù Tuareg che sono sempre state fedeli alla famiglia del padre, e potrebbe perciò indurle a schierarsi al fianco di Khalifa Al Haftar facendo pendere ulteriormente la bilancia del potere a favore del generale di Tobruk.

Ora che Martin Kobler, tedesco e pragmatico, è stato sostituito da Ghassan Salamè – un ex ministro libanese che provenendo da un paese multi confessionale e lacerato da decenni di tensioni interne su base etnica e religiosa, dovrebbe disporre di un’esperienza e di un know how sufficienti ad affrontare in modo adeguato il ginepraio libico – si apre forse l’ultima chance che la comunità internazionale ha per risolvere la crisi libica, prima di doversi arrendere di fronte alla scomparsa di una Libia unitaria e alla sua suddivisione definitiva nelle sue tre componenti storiche, il Fezzan, la Tripolitania e la Cirenaica, ossia gli antichi Wilayat dell’impero ottomano.

Preso da: http://www.lookoutnews.it/haftar-gheddafi-salame-libia-unita-uomini-chiave/

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