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giovedì 18 gennaio 2018

Forze ed operazioni militari USA in Africa – una rassegna


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15 dicembre 2017
Di Benjamin Cote in esclusiva per SouthFront
L’importanza delle Forze Militari in Africa
Il 4 ottobre 2017, forze nigerine e Berretti Verdi americani sono stati attaccati da militanti islamici durante una missione di raccolta di intelligence lungo il confine con il Mali. Cinquanta combattenti di una affiliata africana dello Stato Islamico hanno attaccato con armi di piccolo calibro, armi montate su veicoli, granate lanciate con razzi e mortai. Dopo circa un’ora nello scontro a fuoco, le forze americane hanno fatto richiesta di assistenza. I jet Mirage francesi hanno fornito uno stretto supporto aereo e i militanti si sono disimpegnati. Gli elicotteri sono arrivati per riportare indietro le vittime per l’assistenza medica.
Quando la battaglia finì quattro Berretti Verdi sono risultati uccisi nei combattimenti e altri due furono feriti. I sergenti maggiori Bryan Black, Jeremiah Johnson, Dustin Wright e il più pubblicizzato di tutte le vittime il sergente La David Johnson sono stati uccisi in missione. Il presidente Trump si è impegnato in uno scontro politicizzato con la vedova di Johnson e la deputata della Florida Federica Wilson in merito alle parole da lui usate in una telefonata consolante.

La battaglia politica sui commenti del Presidente Trump ha avuto l’effetto non intenzionale di spostare l’attenzione della nazione sulle attività americane in Africa. In precedenza il pubblico americano, e buona parte dell’establishment politico, mostrava scarso interesse o conoscenza delle missioni condotte dai dipartimenti di Stato e della Difesa all’interno delle nazioni africane in via di sviluppo. Il 5 maggio, un Navy SEAL era stato ucciso vicino a Mogadiscio mentre assisteva le forze somale nel combattere al-Shabaab. Questa morte è arrivata un mese dopo che l’amministrazione Trump aveva revocato le restrizioni sulle operazioni di antiterrorismo nelle regioni della Somalia.
Certamente l’evento non ha registrato la stessa attenzione del mainstream come la polemica circa il sergente Johnson; tuttavia, tutto rivela come l’Africa stia lentamente diventando un’area di interesse nazionale cruciale per gli Stati Uniti. Le questioni concernenti le nazioni africane riguardanti le minacce terroristiche sia esterne sia interne, così come i loro problemi economici, servono a garantire che i responsabili politici degli Stati Uniti si concentrino sul continente. Iniziative globali come la Combined Joint Task Force for Operation Inherent Resolve coinvolgono diverse nazioni africane fondamentali per combattere l’ascesa dell’estremismo islamico radicale. L’ascesa di gruppi estremisti coesi insieme all’espansione degli investimenti economici nell’Africa post-coloniale ha comportato un aumento dei dispiegamenti militari stranieri e americani nella regione.
In una conferenza stampa del Pentagono sull’imboscata in Niger, Joseph Dunford, capo di Stato Maggiore congiunto, ha rivelato che gli Stati Uniti hanno schierato truppe in Niger da più di venti anni. Inoltre, gli Stati Uniti hanno truppe di stanza in cinquantatre dei cinquantaquattro Paesi dell’Africa. Le truppe di stanza in Africa ricadono per lo più sotto la responsabilità dello United States Africa Command (AFRICOM). L’eccezione a questa regola è la Repubblica Araba d’Egitto, che rientra sotto lo United States Central Command (CENTCOM). AFRICOM è la struttura di comando più importante per comprendere le missioni, le attività e i ruoli delle truppe americane schierate in Africa.
AFRICOM
La storia:
prima del 2008, le operazioni militari americane in Africa erano elaborate sotto lo United States European Command (EUCOM) e il CENTCOM. I primi anni duemila videro diversi funzionari militari chiedere un comando africano indipendente per gestire l’ascesa dell’estremismo islamico che si era verificata in diversi Paesi africani. Il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld raccomandò la creazione di un tale comando unificato al presidente George W. Bush nel 2006. A partire dal 2007-2008, il contrammiraglio Robert Moeller diresse il gruppo di transizione verso AFRICOM per progettare la struttura del nuovo comando. Il 1° ottobre 2008, AFRICOM fu ufficialmente separato da EUCOM sotto il comando del generale William E. Ward.
Il comando:
AFRICOM ha sede a Kelley Barracks, Stoccarda, Germania, ed impiega 1.500 persone che lavorano in ruoli logistici e di direzione a Stoccarda.
Il comandante: il generale Thomas D. Waldhauser dallo United States Marines Corp è il quarto comandante di AFRICOM. Waldhauser ha il compito di costruire capacità militari in Africa, rispondere alle crisi, eliminare le minacce agli interessi americani in Africa e promuovere lo sviluppo.
Il vice-comandante delle operazioni militari: tenente generale James C. Vechery dallo United States Air Force. Il ruolo del vice-comandante è di assistenza relativamente alle questioni che riguardano specificamente gli affari militari, comprese la risoluzione, la mitigazione e la prevenzione dei conflitti, nonché il sostegno alle altre nazioni africane nello sviluppo delle loro forze armate.
Il vice-comandante per l’impegno civile-militare: l’ambasciatore Alexander M. Laskaris dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Piuttosto che fornire assistenza per operazioni militari e missioni di supporto, il vice-comandante civile-militare collabora attraverso la cooperazione diplomatica e multilaterale di AFRICOM.
Organizzazione:
le forze militari direttamente sotto il comando di AFRICOM sono suddivise nei rispettivi rami, insieme a due comandi unificati subordinati che agiscono in parallelo con tali rami.
  • U.S. Army Africa, USARAF
  • U. S. Naval Forces Africa, NAVAF (Personale condiviso con U.S. Naval Forces Europe)
  • U.S. Air Forces Africa, AFAFRICA
  • U.S. Marines Corp Forces Africa, MARFORAF (Personale condiviso con U.S. Marine Forces Europe)
Comandi unificati subordinati:
  • U. S. Special Operations Command Africa (SOCAFRICA)
  • Combined Joint Task Force – Corno d’Africa (CJTF-HOA)
U.S. Army Africa (con sede a Vicenza, Italia): designata anche come Nona Armata, USARAF fornisce la componente terrestre di AFRICOM. Esso fornisce personale per sostenere le operazioni contro i gruppi ribelli nelle nazioni africane e l’assistenza nella formazione delle forze terrestri delle nazioni partner per operazioni logistiche, militari ed umanitarie. Il generale di brigata Eugene J. LeBoeuf è il comandante in carica di USARAF.
U.S. Navy Africa (con sede a Napoli, Italia): attualmente intrapresa dalla Sesta Flotta, NAVAF funge da componente marittima delle forze statunitensi in Africa. Svolge ruoli diretti e di sostegno nelle operazioni antiterrorismo, assiste le nazioni africane partner nello sviluppo e nelle operazioni navali, fornisce l’applicazione e la formazione navale per la sicurezza commerciale oceanica, conduce esercitazioni navali con le forze partner e aiuti umanitari. NAVAF è composto da diverse unità operative navali. È comandato dall’ammiraglio James G. Foggo III.
  • CTF 63: composta da petroliere, navi da rifornimento e navi per la meccanica, la Task Force 63 costituisce l’aspetto logistico delle forze navali africane. Il CTF 63 opera la consegna di provviste, pezzi di ricambio e forniture sia a sostegno di operazioni umanitarie che militari.
  • CTF 64: sezione di difesa missilistica delle forze navali. Costituita da sottomarini nucleari dotati di missili balistici a lunga gittata.
  • CTF 65: elemento di superficie della Sesta Flotta. Comprende i cacciatorpediniere USS Porter (DDG 78), USS Donald Cook (DDG 75), USS Carney (DDG 64) e USS Ross (DDG 71).
  • CTF 67: i velivoli navali basati a terra sono posti sotto il CTF 67. Impegnati nella posa di mine, ricognizione, sorveglianza e guerra antisottomarina. Il TG-67 è attualmente operativo a Gibuti.
  • CTF 68: forze di spedizione a sostegno delle operazioni navali. Le squadre comprendono lo smaltimento di ordigni esplosivi (EOD Mobile Unit 8), l’ingegneria e la costruzione navale, il salvataggio marittimo, la lotta agli incendi, la mappatura dei porti e degli oceani (Fleet Survey Team) e l’intelligence (Intelligence Exploitation Teams).
  • CTF 69: sezione di guerra sottomarina. Possiede sia sottomarini d’attacco che sottomarini a missili guidati allo scopo di neutralizzare le navi di superficie e i sottomarini nemici.
US Air Forces Africa (con sede presso la base aerea di Ramstein, Germania): il ruolo di forza aerea è fornito dalla Third Air Force dopo l’inattivazione del precedente elemento aereo dell’AFRICOM, la Seventeenth Air Force, nel 2012. Il suo ruolo è prevalentemente quello di impegnarsi in operazioni militari, comprese incursioni e operazioni di supporto aereo, nonché operazioni umanitarie e di mantenimento della pace. AFAFRICA comprende dieci stormi, due gruppi e il 603° Air and Space Operations Center. Il comandante in carica è il generale Tod D. Wolters.
Gli stormi che hanno condotto operazioni importanti in Africa includono:
  • 31st Fighter Wing (con sede nella base aerea di Aviano, Italia): attualmente esistono due squadriglie operative. I 555th e 510th Fighter Squadrons sono entrambi composti da caccia F-16G. Nel 2011, dal 17 al 31 marzo, il 31st Fighter Wing ha sostenuto la no-fly zone imposta dalle Nazioni Unite sulla Libia come parte dell’operazione Odyssey Dawn.
  • 48th Fighter Wing (con sede a Lakenheath, Regno Unito): il suo gruppo operativo è composto da uno squadrone di caccia F-15C/D Eagle di superiorità aerea e due squadroni di caccia F-15E Strike Eagle a doppio ruolo. Il 48th Fighter Wing ha condotto operazioni sulla Libia come parte dell’operazione Odyssey Dawn, sia implementando la no-fly zone sia bombardando obiettivi chiave.
  • 86th Airlift Wing (con sede nella base aerea di Ramstein, Germania): utilizzando gli aerei da trasporto militare C-40 Clipper e C-130 Hercules, l’86° Airlift Wing conduce missioni di trasporto umanitario e militare. Nel 2004 e nel 2005, sono state consegnate forniture umanitarie rispettivamente in Marocco e in Ciad. 357 unità statunitensi e 252 tonnellate di merci furono trasportate in Mali nel 2005. In due operazioni separate, i C-130 hanno trasportato le truppe dell’Unione Africana e le loro forniture in Ruanda.
U.S. Marines Corp Forces Africa (con sede a Böblingen, Germania): comprensivo di 1.500 marines e 300 unità di personale del quartier generale, MARFORAF offre la flessibilità del Corpo dei Marines alle operazioni americane in Africa. Le forze hanno il compito di condurre operazioni militari, impegnarsi in esercitazioni congiunte con contingenti africani e fornire addestramento alle forze armate africane. Il maggiore generale Russell A. Sanborn comanda MARFORAF.
  • Lo Special Purpose Marine Air Ground Task Force-Crisis Response-Africa funge da forza di soccorso MARFORAF. Utilizzando i velivoli MV-22B Ospreys e KC-130J Hercules, la forza di risposta alle crisi si impegna nel rafforzamento dell’ambasciata in casi analoghi all’attacco di Bengasi del 2012, evacua i civili dalle zone di crisi, fornisce soccorsi in caso di calamità e aiuti umanitari, e svolge il recupero degli aerei e del personale abbattuto. 850 marines formano la task force, con sede in Spagna e in Italia.
Comandi sub-unificati:
U. S. Special Operations Command Africa (con sede a Stoccarda, Germania): fornisce supporto alle nazioni alleate e africane nella lotta all’estremismo nel continente. Ciò si ottiene attraverso il supporto diretto in operazioni militari asimmetriche o esercitazioni congiunte di addestramento come Flintlock. Missioni di uccisione o cattura come quelle relative all’imboscata del Niger, missioni di intelligence o ruoli di supporto alle operazioni guidate dall’Unione Africana sono in genere condotte da SOCAFRICA. Circa il 17% delle forze speciali statunitensi è schierato in Africa, e conduce un centinaio di missioni in circa venti Paesi. Comandato dal maggior generale Marcus J. Hicks, SOCAFRICA è suddiviso in ruoli regionali e di supporto:
  • Special Operations Command Forward-East: è dispiegato nella regione del Corno d’Africa, comprese le nazioni critiche come la Somalia, l’Etiopia e Gibuti, nella lotta contro al-Shabaab ed altri gruppi terroristici radicali.
  • Special Operations Command Forward-West: si impegna nella regione trans-sahariana comprensiva di Paesi come Nigeria, Niger e Mali contro gruppi come Boko Haram e affiliati dello Stato Islamico.
  • Special Operations Command Forward-Central: posto al controllo delle operazioni speciali nella Repubblica Centrafricana, nel Sudan, Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo con la missione di neutralizzare il Lord’s Resistance Army di Joseph Kony.
  • Naval Special Warfare Unit 10
  • Joint Special Operations Air Component Africa
  • SOCAFRICA Signal Detachment
Combined Joint Task Force – Horn of Africa (con sede a Camp Lemonnier, Gibuti): situato nell’unica base militare permanente degli Stati Uniti in Africa, CJTF-HOA si impegna in azioni collaborative con le nazioni dell’Africa orientale. Burundi, Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Ruanda, Seychelles, Somalia, Tanzania e Uganda ricadono direttamente sotto le prerogative della Task Force congiunta, con diverse nazioni centro-africane che mantengono un piccolo ruolo. Il generale di brigata David J. Furness comanda le 1.800 unità di personale che compongono il CJTF-HOA. La Joint Task Force ha due obiettivi principali in Africa orientale:
  • l’estirpazione radicale di gruppi estremisti attraverso la cooperazione multilaterale. Esercitazioni militari, formazione al comando, ruoli di consulenza, addestramento e assistenza alla comunicazione consentono al CJTF-HOA di potenziare la capacità di difesa dei Paesi partner;
  • lo sviluppo a lungo termine delle nazioni africane per promuovere stabilità, sicurezza e prosperità economica. In passato, CJTF-HOA si è impegnata nello sviluppo delle infrastrutture attraverso la costruzione di scuole, centri medici e pozzi d’acqua. Il soccorso nelle calamità e gli aiuti umanitari sono impiegati in periodi di crisi o in zone di conflitto prolungato.
Operazione Enduring Freedom
Lanciata in risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre, l’operazione Enduring Freedom è stata la risposta complessiva degli Stati Uniti alla nascita del terrore globale. Si è principalmente concentrata sugli attacchi aerei e l’occupazione dell’Afghanistan per paralizzare i Talebani e al-Qaeda che gli Stati Uniti consideravano responsabili dell’attacco terroristico. Tuttavia, a causa dei legami tra i gruppi estremisti in Africa ed al-Qaeda, nonché all’effetto destabilizzante che essi rappresentavano, gli Stati Uniti hanno ampliarono l’operazione per includere zone di conflitto nell’Africa orientale e occidentale.
Le minacce terroristiche africane che gli Stati Uniti hanno cercato di contrastare sono state:

  • Al-Shabaab (7.000-9.000 combattenti, dal 2014): affiliata ad al-Qaeda, al-Shabaab controlla gran parte della Somalia rurale sin dalla sua creazione nel 2006. Le forze dell’Etiopia e dell’Unione Africana (AMISON) hanno avuto successo nel cacciare il gruppo dalle roccaforti cittadine. Mentre sta ancora occupando aree rurali, al-Shabaab ha compiuto attacchi devastanti come l’attentato con camion del 14 ottobre scorso che ha ucciso oltre 350 persone a Mogadiscio.
  • Boko Haram (6.000-15.000 combattenti, dal 2015): nel 2002, Boko Haram è stato formato come rifiuto degli insegnamenti occidentali e del governo laico. Nel 2009, divennero comuni gli scontri tra Boko Haram e le forze di polizia nigeriane, degenerando in una vera e propria ribellione. Dopo la presa della foresta di Sambisa da parte delle forze militari nigeriane nel 2016, Boko Haram è stato costretto ad abbandonare la guerra convenzionale a favore di azioni di guerriglia, attentati esplosivi e rapimenti.
  • Al-Qaeda nel Maghreb Islamico (600-800 combattenti, dal 2013): nato da gruppi radicali negli anni ’90 durante la guerra civile algerina, il gruppo pre-esistente si alleò ufficialmente con al-Qaeda e cambiò il proprio nome in al-Qaeda in the Islamic Maghreb (AQIM) nel 2007. Effettuando attentati esplosivi, rapimenti, assassinii e incursioni, AQIM ha operato in Marocco, Mauritania, Algeria, Mali, Niger, Tunisia e Libia.
L’operazione Enduring Freedom ha assunto due diverse identità nell’Africa orientale e occidentale, sulla base della missione richiesta e dei gruppi estremisti combattuti.
Corno d’Africa
La Somalia ha rappresentato un duplice problema per gli interessi degli Stati Uniti in Africa. La questione della guerra civile somala, al-Shabaab e l’influenza dell’ISIS e di al-Qaeda prospettano agli Stati Uniti la necessità di lavorare con le nazioni africane e di esercitare il proprio potere per contrastare l’estremismo. In secondo luogo, il dilagante problema della pirateria somala minaccia la libertà del commercio oceanico in uno dei più importanti snodi commerciali del mondo. Il Golfo di Aden vede passare ogni anno circa 20.000 navi che trasportano milioni di tonnellate di merci, la maggior parte delle quali passa attraverso il Canale di Suez. Entrambi questi fattori hanno reso vitali una base USA a Gibuti e lo spiegamento di forze nel Corno d’Africa.
Nel contrastare i gruppi terroristici in Somalia, gli Stati Uniti hanno utilizzato forze operative speciali per impegnarsi in operazioni non convenzionali ed assistere le forze dell’Unione Africana e dell’Etiopia nell’addestramento, intelligence, esercitazioni congiunte e consulenza. Solitamente incursioni di Navy SEALs o Delta Force vengono utilizzate per catturare obiettivi di alto valore, come nell’incursione del Barawe nel 2009, con l’uccisione di Ali Saleh al-Nabhan. Nel 2016, le forze speciali statunitensi hanno condotto una incursione in elicottero ad Awdhegele, a trenta miglia da Mogadiscio. Prendendo di mira un altro importante esponente di al-Shabaab, furono uccisi sia quindici terroristi che l’obiettivo. Le operazioni offensive degli Stati Uniti in Somalia sono di solito su piccola scala, sostenute dal pesante supporto di aerei ed elicotteri, e colpiscono individui specifici. Sono state prese tutte le precauzioni per evitare il ripetersi della disastrosa battaglia del 1993 a Mogadiscio, in cui gli Stati Uniti persero due UH-60 Black Hawk con diciannove morti e settantatre feriti.
Il dispiegamento di forze di terra convenzionali nel Corno d’Africa non è la normale procedura per i militari statunitensi. Solitamente, gli Stati Uniti colpiscono gli estremisti somali e al-Shabaab attraverso attacchi condotti da droni o aerei. Il 9 novembre, il 13 settembre, l’8 settembre e il 6 settembre 2017, gli Stati Uniti hanno condotto attacchi sulle posizioni di al-Shabaab. Piuttosto che incursioni di forze speciali, il metodo predominante di recar danno ad al-Shabaab è l’uso di attacchi aerei di precisione per colpire obiettivi chiave, come esponenti o campi. Nel 2016, gli Stati Uniti hanno effettuato un bombardamento aereo sul campo di addestramento di al-Shabaab a Raso. Si prevedeva che 200 militanti avrebbero compiuto un attacco, ma con l’incursione aerea furono uccisi oltre 150 estremisti. L’efficacia degli attacchi aerei senza forze di terra dimostrata dall’incursione del 2016 dimostra il ruolo principalmente di supporto delle forze [di terra] statunitensi.
Combined Maritime Force
Nel 2002, gli Stati Uniti hanno ampliato la loro Combined Maritime Force (CMF) da gruppo unilaterale a coalizione internazionale composta da ventisei nazioni. Pur includendo tre task forces, solo Combined Task Force 150 e Combined Task Force 151 operano al largo dell’Africa.
  • Combined Task Force 150 (CTF-150): gli è assegnato il ruolo di protezione delle navi civili, sequestro di stupefacenti e lotta al terrorismo. Ad esempio, nell’aprile 2017, 850 libbre di eroina furono sequestrate dalla fregata francese Surcouf. Lo HMS Monmouth catturò circa 1.000 libbre di marijuana e circa 580 di eroina. La risposta agli attacchi alle navi mercantili viene intrapresa anche dal CTF-150, ma non le misure offensive contro la pirateria. Il CTF-150 è in genere composto da quindici navi, attualmente provenienti da Australia, Canada, Danimarca, Francia, Pakistan, Giappone, Germania, Regno Unito e Stati Uniti.
  • Combined Task Force 151 (CTF-151): delegata al compito di contrastare la pirateria, conduce azioni reattive e offensive contro la pirateria. Nel dirottamento del Maersk Alabama, un cecchino dello USS Bainbridge del CTF-151 dopo il fallimento dei negoziati, uccise tre dei pirati e salvò il capitano Phillips. Il CTF-151 comprende sei navi provenienti da Australia, Pakistan, Corea del Sud, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti; tuttavia, l’assistenza è fornita anche da navi di altre nazioni, tra cui Cina e Russia.
Africa occidentale
I dispiegamenti degli Stati Uniti in Africa occidentale presentano lo stesso ruolo di supporto di quelli esercitati dalle controparti in altre aree dell’Africa, con l’accento posto sulle esercitazioni di addestramento su vasta scala. Contrastare i gruppi estremisti, principalmente AQIM e Boko Haram, rimane la priorità delle forze americane. Invece di impegnarsi direttamente in incursioni ed operazioni offensive, circa 1.300 consiglieri americani assistono, addestrano e forniscono infrastrutture di supporto per le nazioni partner.
Nel 2013, 150 soldati statunitensi sono stati schierati in Niger a sostegno di operazioni antiterrorismo in Mali. A Niamey, è stata costruita un’installazione per droni per fornire capacità di raccolta di informazioni aeree. Nel 2017, 800 unità di personale USA sono state schierate in Niger, e i droni sono stati trasferiti alla base aerea di Agadez. Accordi con il Niger consentono solo droni di sorveglianza, vietandone l’uso per attacchi mirati ai militanti.
Il Camerun è un’altra nazione di interesse per le operazioni degli Stati Uniti nell’Africa occidentale. Nel 2015 sono stati schierati 300 soldati, che hanno fornito formazione, supporto e svolto mansioni di intelligence. La cooperazione si è estesa alla condivisione di attrezzature, come sei veicoli militari trasferiti alle forze armate del Camerun. Garoua serve come ulteriore base agli Stati Uniti per lanciare droni con compiti di intelligence a sostegno di operazioni anti-insurrezionali.
Le esercitazioni di addestramento forniscono uno strumento chiave per migliorare la capacità delle nazioni africane di contrastare i gruppi ribelli. Flintlock è stata una vasta missione di addestramento per operazioni speciali rivolta a nazioni di tutto il mondo in operazioni di soccorso, aiuto, cure mediche in caso di catastrofi, e operazioni di combattimento. Tuttavia, AFRICOM è specializzata in esercitazioni che includono specificamente nazioni africane.
  • African Lion: ospitato in Marocco, 1.200 Marine Corps Forces Africa e altro personale NATO hanno assistito le nazioni africane nello sviluppo di capacità operative contro-insurrezionali, per la sicurezza delle frontiere e transfrontaliere.
  • Obangame Express: tenuto nel Golfo di Guinea, le forze di Naval Forces Africa assistono le nazioni africane costiere nell’interdizione marittima e nel sequestro di beni illegali.
  • United Accord: svolto in Ghana, AFRICOM addestra le forze dell’Africa occidentale nelle missioni di mantenimento della pace e di soccorso in caso di catastrofi. È progettato per assistere le nazioni africane nelle missioni di stabilizzazione in Mali.
  • Unified Focus: tenuto in Camerun, le forze USA addestrano le nazioni presso il bacino del Lago Ciad a contrastare i gruppi estremisti.
Conclusione
La mancanza di qualsiasi possedimento coloniale in Africa durante il 19° e il 20° secolo, insieme con l’attenzione rivolta all’Unione Sovietica in Europa durante la Guerra Fredda, portò a pochi coinvolgimenti degli Stati Uniti in Africa. Limitandosi a sostenere le forze amiche nei tipici colpi di Stato della Guerra Fredda e guerre civili. essi perpetuò l’instabilità che venne a determinare i governi africani. Tuttavia, in un mondo in cui gli Stati Uniti beneficiano sia in economia che in sicurezza di un’Africa stabile, le loro intenzioni si sono spostate sul sostegno di questi governi. È questa necessità di sostegno, a causa dell’aumento dell’estremismo negli anni ’90 e 2000, che ha portato ad un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti.
Recentemente gli Stati Uniti sono stati costretti a, o hanno volontariamente ceduto il passo sulle diatribe in Medio Oriente. I colloqui di Astana del 2017 hanno ignorato gli Stati Uniti nel processo di pace per la guerra civile siriana, a prescindere dalla sua leadership nell’operazione Inherent Resolve e dal sostegno per lo YPG nel nord della Siria. La crisi del Qatar a giugno ha portato gli Stati Uniti ad offrire umilmente mediazione sulla questione piuttosto che togliere l’iniziativa all’Arabia Saudita per assicurare la continuazione delle operazioni anti-terrorismo contro lo Stato islamico. Il 15 ottobre 2017, le forze armate irachene sono entrate nella città già tenuta dai Curdi di Kirkuk. Piuttosto che chiedere un ritiro od assumere una posizione perentoria, gli Stati Uniti sono rimasti neutrali sulla questione, sollecitando una soluzione pacifica con un Iraq unificato.
Entrambi gli sviluppi stimolano una rinascita di interesse in Africa. Il crescente interesse economico nello sviluppo di infrastrutture e industrie africane, l’aumento della popolazione e la minaccia di gruppi terroristici motivano gli Stati Uniti a perseguire ulteriori attività in Africa. L’espansione delle esercitazioni, dei potenziali bellici e delle missioni in Africa mostra tutto il vivo interesse che gli Stati Uniti hanno dimostrato nel continente. L’imboscata in Niger ha alzato il sipario sulle attività statunitensi in Africa e rivelato all’ignaro establishment politico l’estensione delle operazioni USA. Si può solo prevedere che mentre le nazioni crescono sia in termini di potere economico che di stabilità politica, gli Stati Uniti procederanno per allineare i propri interessi e gli schieramenti militari con gli eventi in Africa.
Traduzione di C. Palmacci
 

Preso da: https://byebyeunclesam.wordpress.com/2017/12/15/forze-ed-operazioni-militari-usa-in-africa-una-rassegna/

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