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martedì 9 gennaio 2018

Russiagate è in realtà Israelgate, Trump è un agente di Israele, non della Russia

1 gennaio 2018

DI ROSANNA SPADINI
comedonchisciotte.org
Quando il Congresso autorizzò Robert Mueller e il suo team di avvocati a indagare su rapporti tra il governo russo e la squadra elettorale di Trump, gli avversari del presidente sperarono che prima o poi sarebbero emerse delle prove concrete sulla collusione di Trump con il governo russo.

Alla fine però la prova principale del Consigliere speciale Robert Mueller, sostenuta nella sua indagine «Russiagate», non ha rivelato la possibile collusione russa, ma un’altra collusione, quella fra  Trump e Israele, che avvenne ancora prima di essere inaugurato Presidente.
Dopo tre incriminazioni che non confermarono la grande narrazione collusiva, Mueller era riuscito a trascinare l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn davanti a un tribunale federale per aver mentito all’FBI. Ma l’incriminazione ha minato la narrativa del Russiagate mentre ne implicava un’altra, molto più sconveniente. Flynn ha ammesso di aver mentito all’FBI a proposito di una telefonata con l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Sergei Kislyak, durante il periodo di transizione tra l’elezione e l’inaugurazione, non durante la campagna elettorale. L’ambasciatore chiese a Flynn di non accanirsi con le sanzioni imposte da Obama alla Russia, per accuse ancora non provate sulla violazione del Comitato Nazionale Democratico da parte di agenzie di intelligence russe.


L’unico problema in cui Flynn aveva proposto una qualche forma di coordinamento con la Russia era stato quella di sconfiggere ISIS e Al Qaeda in Siria, mentre sosteneva che i tentativi dell’amministrazione Trump di collaborare con le sue controparti russe in Siria erano state l’obiettivo di un implacabile sabotaggio da parte di media opportunisti e dei funzionari della sicurezza nazionale dell’epoca di Obama.
Sta di fatto che grazie alla soffocante atmosfera da Guerra Fredda che questi insiders hanno coltivato a Washington, gli Stati Uniti sono stati ridotti ad uno spettatore impotente mentre Russia, Iran e Turchia si sono unite per imporre la fine della guerra, che ha devastato la Siria negli ultimi cinque anni.

L’accusa contro Flynn avrebbe voluto rivelare la collusione tra il Team di Trump e uno stato straniero, ma quello stato non era lo stesso che i media avevano ripetuto fino alla nausea, per un anno intero.
Flynn si era attivato con  Kislyak per fare pressioni sul diritto di veto della Russia contro una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che condannava la crescita degli insediamenti illegali di Israele. E lo ha fatto su ordine di Jared Kushner, genero del presidente, che stava agendo a nome del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Grazie all’imputazione di Flynn, ora sappiamo che il primo ministro israeliano è riuscito a trasformare l’amministrazione Trump nella sua arma personale per minare lo sforzo solitario di Obama di ritenere Israele responsabile di insediamenti illeciti. Un esempio chiaro di una potenza straniera che collude con un’operazione politica americana contro un presidente insediato.
Intanto una squadra di ricercatori del Super PAC democratico (organizzazione di raccolta fondi indipendente) ha scoperto che il genero del presidente non aveva rivelato il suo ruolo di co-direttore della Charles Kushner Foundation durante gli anni in cui la “carità” della sua famiglia finanziava l’impresa israeliana per gli insediamenti illegali. L’imbarazzante omissione ha scalfito a malapena la superficie delle relazioni decennali di Kushner con il governo israeliano guidato dal Likud.
Durante gli anni ’90, l’adolescente Jared Kushner fu costretto a lasciare la sua camera da letto per Netanyahu, che così aveva un posto dove stare quando si trovava a New York per lavoro. Almeno dal 2006, i Kushners hanno donato circa 315.000 dollari agli amici dell’IDF, il braccio di raccolta fondi americano dell’esercito israeliano e decine di migliaia di dollari agli insediamenti illegali israeliani nella Cisgiordania occupata, da Beit El a Gush Etzion .

Quando Jared Kushner aveva 17 anni, aveva fatto un viaggio ad Auschwitz-Birkenau, dove un milione di ebrei sono stati assassinati, e aveva ascoltato il discorso di Benjamin Netanyahu «L’Olocausto avrebbe potuto essere prevenuto. Sappiamo che non avrebbe potuto aver luogo se lo stato ebraico fosse stato istituito pochi anni prima», aveva detto il primo ministro nel 1998, tra le rovine di un crematorio di Auschwitz-Birkenau, mentre Jared Kushner e migliaia di altri adolescenti sventolavano bandiere israeliane, in processione attraverso i cancelli del campo e oltre la caserma. Come parte della commemorazione, il gruppo aveva lasciato poi presto la Polonia ed era  volato in Israele, per completare il viaggio, dal massacro alla rinascita sionista.

A quei tempi, il signor Kushner era un giocatore di basket del liceo e nessuno avrebbe potuto immaginare che diventasse un partner negoziale di Netanyahu. Ma a differenza di altri studenti del viaggio, conosceva il primo ministro, che era in rapporti amichevoli con suo padre, uno sviluppatore immobiliare sostenitore di cause israeliane.
Oggi Netanyahu è al suo secondo mandato come primo ministro, mentre Jared Kushner è il genero del Presidente Trump e un importante consigliere per gli affari mediorientali. Trump ha detto che Kushner proverà a «fare la pace», che il presidente ha definito «l’ultimo affare».
Kushner, durante un corso intensivo di diplomazia, ha parlato con i leader arabi nelle ultime settimane, ma rimane un mistero per molti funzionari mediorientali, perché non ha esperienza di governo o di affari internazionali. La sua conoscenza del mondo arabo equivale a poco più di alcuni viaggi in una manciata di paesi del Golfo Persico e una gita costellata di stelle in Giordania.

La fondazione della famiglia Kushner ha persino fatto donazioni alla «Yeshiva Od Yosef Chai», un’istituzione religiosa ebraica in Cisgiordania, che è servita per una base di attacchi terroristici ai coloni palestinesi. La Yeshiva è stata guidata da una coppia di rabbini, che hanno prodotto un trattato genocida, che il quotidiano israeliano Maariv ha  descritto come «Una guida rabbinica per uccidere i non-ebrei, che ha scatenato un putiferio in Israele e ha messo in luce il potere che un gruppo di teocratici genocidi esercita sul governo».
Netanyahu ha dunque riattivato i suoi profondi legami con la famiglia Kusher, e ci sono indicazioni preoccupanti che le sue agenzie di intelligence abbiano spiato gli Stati Uniti tramite Kushner e la squadra di transizione di Trump.
Eli Lake, un editorialista neoconservatore di Bloomberg che frequentemente si affida a fonti interne di Trump e di Netanyahu, ha  riferito che gli «inviati israeliani hanno condiviso le proprie informazioni sugli sforzi di lobbying dell’amministrazione Obama, per convincere gli Stati membri a sostenere la risoluzione [ONU] con la squadra di transizione di Trump.»
Due ex funzionari della squadra di transizione di Trump dicono che durante gli ultimi giorni dell’amministrazione Obama, il generale in pensione era stato incaricato di contattare ambasciatori stranieri e ministri degli esteri del Consiglio di sicurezza dell’ONU, in vista di un voto che condannava gli insediamenti illegali. A Flynn fu detto di cercare di indurli a ritardare il voto fino a dopo che Barack Obama avesse lasciato l’incarico, o di opporsi completamente alla risoluzione.
Ciò è rilevante ora perché una delle menzogne ​​di Flynn all’FBI è stata quando ha negato di aver chiesto proprio questo all’ambasciatore russo a Washington.

Invece uno straordinario spettacolo si è svolto questo 2 dicembre presso la Brookings Institution, dove il giovane Kushner si è impegnato in una conversazione chiave con l’oligarca israeliano-americano Haim Saban, che ha fatto l’elogio di Kushner per la collusione ordita con Netanyahu.
Kushner ha così ricevuto elogi pubblici per i suoi tentativi illegali di far deragliare un voto del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che condanna gli insediamenti israeliani. Benché Saban, dopo aver guadagnato la sua fortuna nell’industria israeliana delle telecomunicazioni, sia diventato uno dei donatori più generosi del Partito Democratico.
I milioni di Saban hanno finanziato la costruzione del quartier generale del Comitato Nazionale Democratico e hanno riempito le casse della campagna di Bill e Hillary Clinton. Nel 2012, come ricompensa per le bellissime donazioni del Super PAC di Saban a Obama, il presidente ha  nominato la moglie del miliardario, un’ex modella di Playboy  e stilista per bambini, senza esperienza diplomatica, come rappresentante speciale degli Stati Uniti presso l’assemblea generale delle Nazioni Unite.

Lo spettacolo di un uomo potente del Partito Democratico che difendeva una delle figure più influenti dell’amministrazione Trump era chiaramente destinato ad attribuire una patina di normalità bipartisan alla collusione di Kushner con il governo Netanyahu. Infatti lo sforzo di Saban per proteggere il genero presidenziale è stato immediatamente integrato da un editoriale del DailyMail intitolato «Jared Kushner aveva ragione di colludere con la Russia, perché lo ha fatto per Israele».

Intanto gli insiders della Resistenza liberista anti-Trump hanno minimizzato il ruolo di Israele nella saga di Flynn. Mentre Rachel Maddow di MSNBC ha trascorso l’intero anno ad inveire contro il «Russiagate».
La vera urgenza era la posizione del Consiglio di sicurezza verso l’illegalità degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati dal 1967, inclusa Gerusalemme Est, e questo aveva comportato una flagrante violazione ai sensi del diritto internazionale e un grosso ostacolo alla visione di due Stati, che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza, entro confini internazionalmente riconosciuti: 14 delegazioni hanno votato a favore della risoluzione 2334 (dicembre 2016), gli Stati Uniti invece si sono astenuti.
Ciò che volevano sia Trump che  Kushner, era combattere i palesinesi, non tanto l’ISIS. La Russia comunque votò a favore della risoluzione, non la indebolì e nemmeno pose il veto, come Netanyahu-Kushner avevano sollecitato.

Quindi sembra che Trump non sia stato l’agente di Putin in questa faccenda, ma se mai che suo genero abbia prestato servizio come agente di Netanyahu, probabilmente con qualche autorizzazione da parte di Trump stesso, ma l’accusa non è nemmeno riuscita a provare che ci fosse stata tale autorizzazione. Infatti Michael Flynn ha ammesso che i suoi contatti con Kislyak erano stati autorizzati solo da Kushner «un membro molto “anziano” della squadra di transizione presidenziale».
Intanto i repubblicani stanno forzando la mano, nella speranza che ad assumere il mandato di Trump per il resto della legislatura, possa essere Mike Pence. Ma per ottenere questo risultato occorrerebbe  il voto del 67% dei 100 senatori.
Però, mentre i democratici sembrano desiderosi che si realizzi questo scenario, tra democratici e indipendenti sono favorevoli solo 46/48, quindi ci vorrebbe il voto di 9/11 dei 52 repubblicani del Senato.
La Costituzione degli Stati Uniti non fornisce altro modo per privare il Presidente del suo mandato, se non l’impeachment, un processo per illeciti commessi nell’esercizio delle sue funzioni. Per il momento prove concrete sul «Russiagate» non ce ne sono, se mai ci sono quelle su «Israelgate», ma il fatto non disturba nessun membro del Congresso.

Rosanna Spadini
Fonte: www.comedonchisciotte.org
31.12.2017

Preso da: https://comedonchisciotte.org/russiagate-e-in-realta-israelgate-trump-e-un-agente-di-israele-non-della-russia/

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